
I primi abitanti (Geloi o Gelensi), dopo aspre lotte con le popolazioni locali (Siculi e Sicani), risalendo attraverso il fiume Gela cominciarono a penetrare nell'entroterra dando luogo al processo di ellenizzazione che avrebbe progressivamente coinvolto anche gli altri centri vicini (nel 508 a.C. ad esempio fondarono la grande Akragas - Agrigento).
Nel V secolo a.C. a Gela fu instaurata la tirannia di Clenadro, cui succedette il fratello Ippocrate che trasformò la cittadella in una delle più fiorenti e potenti colonie greche capaci di contrastare efficacemente la potenza cartaginese che dominava la Sicilia occidentale. In breve il tiranno riuscì ad assoggettare centri come Naxos, Lentini e Catania mentre il fratello Gelone, nel frattempo diventato tiranno di Gela, conquistava la potente Siracusa trasferendosi lì e portandosi appresso buona parte della popolazione locale. Intorno alla prima metà del VII secolo l'Acropoli di Gela si arricchì di numerose abitazioni ed edifici sacri come due templi di stile dorico, eretti in onore della dea Athena, uno del VI secolo a.C., l'altro fatto costruire dai Greci in occasione della vittoria durante la battaglia di Himera contro i Cartaginesi (480 a.C.), mentre gli altri edifici furono sfarzosamente arricchiti da elementi architettonici.

Dopo la grave sconfitta subita da Gela nel 405 a.C., ad opera dei Cartaginesi, l'acropoli della località fu occupata da quartieri artigianali ed alcuni degli edifici esistenti furono ricostruiti, cambiandone però la destinazione d'uso. Il sito di Molino a Vento fu poi abbandonato intorno alla fine del IV secolo quando il centro abitato si spostò nella zona occidentale della collina, in contrada Scavone, in una località denominata Capo Soprano.
Intanto Gela era passata sotto il dominio di Siracusa e il tiranno Timoleonte aveva provveduto a far innalzare delle poderose mura per proteggerla (338 a.C.). La cinta muraria aveva uno spessore di circa tre metri ed un'altezza che in alcuni punti raggiungeva gli otto metri, per la cui costruzione fu necessario un enorme sforzo di risorse anche economiche, ma che rendeva la cittadella praticamente inespugnabile.

Foto www.gelaleradicidelfuturo.com
Questo tratto di mura, sepolto nel corso dei secoli da una coltre di sabbia è riuscito a sfuggire alla distruzione avvenuta in seguito all'invasione di Agatocle, al successivo diroccamento da parte dei Mamertini (282 a.C.) e ancora alla demolizione avvenuta ad opera del tiranno di Akragas, Finzia il quale, oltre a raderne al suolo le mura e i palazzi, ne fece trasferire gli abitanti nella città di Finziade (Licata).
All'esterno della cinta muraria, si possono ammirare i santuari dedicati alle divinità Demetra e Kore e il quartiere ellenistico del IV secolo a.C. con i bagni pubblici e uno dei complessi termali più antichi d'Italia (databile attorno alla fine del IV sec. a.C.) e tra i più interessanti per l'impianto di riscaldamento, unico per i tempi, andato distrutto a causa di un incendio alla fine del III sec. a.C.