Gibellina, museo a cielo aperto
Rinata come una fenice... Più che una città un fenomeno artistico e antropologico
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Gibellina è una città giovane, ricostruita nella seconda metà del secolo scorso in seguito al violento terremoto che, nella notte tra il 14 e il 15 Gennaio 1968, colpì la Valle del Belìce seminando distruzione e cancellando le speranze di un'intera popolazione.
Gibellina, 1968 - Foto di Melo Minnella
Tra i 14 centri colpiti dal sisma vi furono paesi che rimasero completamente distrutti: Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, Montevago. Le vittime furono oltre 400, più di 1000 i feriti, oltre 100 mila i senzatetto. Gibellina, fondata su cinque colline, aveva uno stile arabo-medievale con viuzze strette, case povere e fatiscenti che diedero luogo ad un'effetto valanga: le case in alto, crollando, abbatterono le altre più in basso, precipitando le une sulle altre.
Gibellina Vecchia. Resti dell'abitato - Foto di Alessandro Cocorullo (martebenicult.wordpress.com)
Oltre alla vera e propria tragedia del sisma, per i gibellinesi fu molto duro anche il periodo post terremoto. In tanti emigrarono in cerca di fortuna e quei pochi coraggiosi che rimasero dovettero fare i conti con 14 anni di miseria e di vita infernale nelle baracche.
Oggi Gibellina è una città nuova che ha saputo risorgere dalle macerie grazie all'impegno dell'allora sindaco Ludovico Corrao, intellettuale illuminato e poi Senatore della Repubblica. Mentre lo Stato si mosse con lentezza, Corrao non restò a guardare chiedendo aiuto ai suoi amici pittori, architetti e poeti per ridisegnare la città.
All'appello del sindaco risposero artisti del calibro di Alberto Burri, Mario Schifano, Franco Angeli, Andrea Cascella, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Palladino e intellettuali come Leonardo Sciascia e molti altri, italiani e stranieri che spesero le loro energie per la ricostruzione.
La nuova città fu tenuta a battesimo il 3 Giugno 1979 con una cerimonia che si svolse tra i ruderi del paese vecchio, con la rappresentazione dell'Orestiade di Eschilo reinventata dal poeta e artista siciliano Emilio Isgrò.
Della città vecchia, distrutta totalmente dal terremoto, oggi rimangono solo i ruderi. La seconda, quella nuova invece, si sviluppa in modo fantastico e originale essendo stata progettata da numerosi artisti contemporanei.
Un Museo a cielo aperto
Gibellina fu costruita seguendo un'idea molto particolare: rendere la città una sorta di museo permanente con sculture disseminate per le vie ed edifici che divenissero essi stessi opere d'arte. Il paese si raggiunge uscendo allo svincolo per Salemi dell'autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo e passando sotto la Porta del Belice, cioè sotto la stella in acciaio di Pietro Consagra, alta 24 metri.
Foto www.sicily.co.uk
La nuova città è sorta secondo criteri moderni ispirati all'architettura postmoderna e concettuale. Ha pianta ellittica e centrifuga, nessun centro aggregante dove convergono le strade. Queste ultime sono lunghe e larghe, ottime vie di fuga in caso di necessità, le case, tutte nuove, ordinate, molte firmate dai grandi dell'architettura moderna.
Sicuramente per gli abitanti più anziani, il cambio di stile non deve essere stato facile da digerire. Ogni strada inoltre, porta il nome di un personaggio siciliano, arabo o nordafricano che testimonia la volontà di recuperare l'identità isolana e mediterranea.
Gibellina per anni è stata un laboratorio artistico a cielo aperto dove sono arrivati geni dell'arte italiana e mondiale. Tra gli edifici da visitare ricordiamo la Chiesa sferica di Ludovico Quaroni, il Giardino Segreto di Francesco Venezia che racchiude la facciata della cattedrale terremotata.
E ancora, Meeting, la scultura-edificio polivalente di Pietro Consagra, il Sistema delle piazze (cinque per l'esattezza collegate tra loro) di Laura Thermes e Franco Purini, il Municipio di Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà.
Da non perdere poi, il Grande Cretto di Alberto Burri, che sorge sulle macerie dell'antica città. Burri, ricoprì i ruderi della vecchia Gibellina con una colata di cemento bianco lasciando però inalterato l'impianto viario. Il risultato è un'opera grandiosa che conserva la memoria dei resti che la natura avrebbe altrimenti inghiottito con il passare degli anni.
Avvolta in un silenzio di tomba, la colata bianca testimonia l'accaduto: le scosse ripetute, le urla della gente, la fuga senza scampo. Grossi blocchi di cemento ricoprono più di 100mila metri quadrati, cioè gran parte dell'abitato distrutto dal terremoto.
Le Orestiadi
Presso il Cretto Burri, al Teatro dei ruderi, ogni anno, si svolgono le Orestiadi, un festival internazionale con manifestazioni che vanno dalle rappresentazioni teatrali a quelle musicali, dalla pittura alla scultura, al cinema e tanto altro.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Questi spettacoli hanno una forte valenza simbolica e rappresentano il patto di alleanza che ogni anno Gibellina rinnova con gli dei dopo essere risorta dalle sue stesse ceneri grazie alla tenacia dell'uomo. Dal 1992 nacque la Fondazione Istituto di alta cultura "Orestiadi", con sede operativa presso il Baglio Di Stefano che si occupa proprio di organizzare la rassegna.
Il Baglio non è altro che una masseria ottocentesca, appena fuori dalla nuova Gibellina. Al centro dell'antico feudo sorge un grande edificio centrale che divide la vasta area interna in due corti: quella più bassa, riservata ai proprietari e quella più alta per gli usi agricoli.
Nel 1984, il baglio divenne proprietà del Comune, venne restaurato ed oggi ospita il Museo delle Trame Mediterranee, una collezione d'arte e reperti archeologici di Sicilia, Nordafrica e vicino Oriente. Il Museo evidenzia i linguaggi e i segni comuni dell'area mediterranea: tessuti, tappeti, legno, ceramica, argento, gioielli, vestiti e paramenti, armi, architetture.
Foto di Civa61 - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Da vedere inoltre il MAC, il rinnovato Museo Civico dedicato a Ludovico Corrao che ospita una delle poche collezioni d'arte contemporanea della Sicilia. Decine di opere, tra gli altri, di Mario Schifano, Mimmo Rotella, Salvatore Fiume, Lucio Fontana, Antonio Corpora, Giulio Turcato, Carla Accardi, Franco Angeli, che hanno come denominatore comune Gibellina. Dopo la ricostruzione infatti, in ogni angolo del paese ci sono opere d'arte il cui tema è legato al terremoto del 1968, di cui rappresentano un'uniforme testimonianza.