"E' un disoccupato e non un favoreggiatore"
Storia di un disoccupato palermitano che si è trovato nelle maglie di Cosa nostra
Due settimane fa, era finito in carcere con l'accusa di essere un prestanome dei boss della Noce: Vincenzo Acone, 37 anni, risultava formalmente l'intestatario dell'Internet point-centro scommesse di via Re Federico 57.
Due giorni fa è uscito dal carcere, per i domiciliari: il tribunale del riesame, presieduto da Antonella Consiglio, ha fatto cadere l'aggravante di mafia per Acone, accogliendo così la ricostruzione della difesa.
Già nel primo interrogatorio davanti al gip Luigi Petucci, Vincenzo Acone aveva raccontato di aver ricevuto una proposta di lavoro da un conoscente: "Ero e sono ancora disoccupato - ha spiegato - padre di un bambino piccolo. In quella proposta avevo visto il miraggio di una sistemazione. Non immaginavo che dietro ci fosse un'organizzazione". Ma uno stipendio non è mai arrivato ad Acone (è difeso dagli avvocati Rodolfo Calandra e Simona Sodano), e così dopo tre mesi aveva deciso di abbandonare l'Internet point. Restando però formalmente l'intestatario della società.
Sono ben sette i prestanome finiti nella rete dell'operazione "Noce". Quello del prestanome sembra essere ormai un mestiere molto diffuso in città, ma è tempo di crisi economica anche per Cosa nostra, e sembra che neanche i boss siano più in grado di assicurare puntualmente uno stipendio. [Informazioni tratte da ANSA, Repubblica/Palermo.it]
- Smantellato il nuovo clan della Noce (Guidasicilia.it, 23/10/12)