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''Paesi a noi vicini: l'Iran''. Il difficile cammino verso la democrazia dei paesi islamici

Le elezioni politiche nella terra degli ayatollah

21 febbraio 2004
Le prime proiezioni delle elezioni in Iran vedono il partito dei conservatori in testa. Quelle elezioni politiche, che si sono svolte ieri (20 febbraio) nella terra degli ayatollah e boicottate da una parte dello schieramento riformatore, vedono primeggiare i candidati fondamentalisti.
Secondo la stampa locale l'affluenza sarebbe stata molto alta, la televisione iraniana ha riferito: ''un'eroica presenza dei votanti alle urne, a dimostrazione della riposta ai nemici della rivoluzione'', di coloro cioè che avevano lanciato appelli perché gli iraniani si astenessero dal votare dopo che il Consiglio dei Guardiani aveva annullato le candidature di oltre 2.500 riformisti.

Il leader supremo iraniano, l'Ayatollah Ali Khamenei, il primo a recarsi a votare, aveva dichiarato che le elezioni erano importanti ed aveva ammonito dal non recarsi a votare come chiesto dagli oppositori. L'ex presidente iraniano, Akbar Hashemi-Rafsanjani ha dichiarato dopo aver votato che malgrado la cancellazione di migliaia di candidature da parte del Consiglio dei Guardiani, gli iraniani non avrebbero certo curato i propri interessi nel non andare a votare. Secondo l'Ayatollah Ahmad Jannati, a capo del Consiglio dei Guardiani, ha riferito che ogni voto raccolto rappresenta ''una pallottola al cuore'' del presidente americano George Bush. Jannati ha poi definito i riformisti ed i liberali che hanno boicottato le elezioni come traditori del paese e dell'Islam.

Parole dure, sconcertanti cha sanno di apologia del terrorismo, che fanno parte di un Iran, che non riesce ad essere diverso, di un Iran che non ha più solo ed esclusivamente un’assolutistico impianto teocratico (e forse è solo una questione di facciata), che comincia a dialogare, ma che lo fa in maniera spesso inaccettabile per gli occidentali.
Per esempio, la legge islamica in Iran potrebbe mostrare clemenza per i condannati a morte che decidono di donare un organo a scopo di trapianto. "Se il condannato alla pena capitale acconsente ad una donazione che può salvare uni vita, la sentenza può essere commutata in un certo periodo di reclusione", o quanto meno, potrà chiedere, nel casa la condanna venga comunque eseguita, una certa somma di denaro da lasciare alla sua famiglia.

Questa proposta rispecchia la politica messa in atto negli ultimi anni dal governo per favorire la donazione degli organi, proposta impensabile fino a qualche anno fa.
Ormai da tempo in Iran si effettuano trapianti di reni, e negli ultimi anni anche quelli di cuore. La televisione trasmette regolarmente nntizie di donazioni e storie umane dirette ad incoraggiare le donazioni.
Sebbene la legge che regola la materia risalga soltanto a tre anni fa, fin dai tempi in cui era presidente della Repubblica Akbar Hashemi Rafsanjani - in carica finn al 1997 - il governo da lui guidato aveva autorizzato ed incoraggiato i trapianti di rene, pagando 10 milioni di riai (al cambio attuale poco più di mille euro) a chi avesse accettato di privarsi di uno di questi organi.

La decisione è stata a lungo contrastata dagli esponenti religiosi più tradizionali, secondo i quali l'Islam vieta lo smembramento del corpo dopo la morte. Della stessa opinione rimane ancora oggi il grande ayatollah Ali Montazeri, già successore designato dell'lmam Khnmeini alla guida della Repubblica islamica, poi caduto in disgrazia.
Ma la nuova proposta riguardante i condannati ha fatto sorgere una serie di dubbi sulla sua, applicazione in rapporto alla tradizione musulmana. L'hojatoleslam Ali Asghar Baghani, consulente della Corte suprema, si è dilungato in una complessa casistica riguardante anche l'uso che si potrà fare delle mani e dei piedi amputati ai ladri recidivi io a volte a coloro che sono dichiarati "Moharebeh", vale a dire "nemici di Dio".
Il religioso ha per esempio sottolineato che, una volta separati dal corpo del condannato, mani e piedi non appartengono più a lui, ma allo Stato, che può quindi decidere di usarli per trapianti senza chiedergli il permesso. Lo stesso ladro, ha puntualizzato l' hojatoleslam, non potrà usufruire di un trapianto per riavere le estremità.

E’ certo contorto e di estrema difficoltà per un paese come l’Iran, intraprendere un percorso verso la democrazia, e non si può né pretendere né volere che la democrazia occidentale venga esportata così come si fa con i prodotti di mercato, in un paese tracimante di cultura. E’ pure certo che il volere del popolo iracheno dimostrato l'8 giugno del 2000 e che ha assicurato la vittoria del riformatore Mohamed Khatami, non può sottovalutarsi, e deve essere pensato come una prima battaglia vinta verso il dispotico strapotere teocratico.

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21 febbraio 2004
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