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Al Qaida dietro gli attentati di Madrid?

Un'agghiacciante ipotesi, prefigura una ''joit venture'' fra i combattenti della Gihad e i terroristi dell'Eta

12 marzo 2004
Dal quotidiano la Repubblica
Con una presunta lettera di Al Qaeda, inviata al quotidiano londinese in lingua araba Al-Quds Al-Arabi, l'organizzazione terroristica di Osama Bin Laden avrebbe rivendicato gli attentati di Madrid. Il comunicato contiene anche la rivendicazione dell'attacco dello scorso 12 novembre ai danni del quartier generale italiano a Nassiriya, costato la vita a 19 persone, e nuove minacce all'Italia. Il messaggio, lungo cinque pagine, e del quale non è stata ancora certificata l'autenticità, porta la firma delle "Brigate Abu Hafs al-Masri".

"Quando attaccammo le truppe italiane a Nassiriya - si legge -, inviammo un ultimatum a voi e agli americani affinché si ritirassero dall'alleanza anti-islamica. Ma non avete compreso il messaggio. Ora, lo ripetiamo a chiare lettere, e speriamo che stavolta lo comprendiate". Al Qaida aveva in realtà già rivendicato l'attentato di Nassiriya: il 16 novembre, il settimanale arabo Al-Majallah, pubblicato a Londra, aveva affermato di aver ricevuto un messaggio nel quale la rete terroristica di Bin Laden se ne assumeva la responsabilità.
"E' un regolamento di vecchi conti con la Spagna - è scritto nel comunicato -, alleato dell'America nella sua guerra contro l'Islam". "Siamo riusciti ad infiltrarci nel cuore dei 'crociati' dell'Europa, ed abbiamo colpito una delle basi della loro alleanza", recita la lettera di oggi, che chiama gli attentati "Operazione treni di morte".
E ancora: "Portiamo ai musulmani nel mondo la buona notizia che l'atteso attacco "Venti della morte nera" contro l'America è ora nella sua fase finale, pronto al 90 per cento e, a Dio piacendo, vicino".

 Al Qaeda si attribuisce anche la responsabilità dell'agguato suicida compiuto martedì scorso contro una loggia massonica a Istanbul, dove hanno perso la vita due persone. "Tre massoni di alto grado - si legge - sono stati uccisi, e se non fosse stato per un errore tecnico, sarebbero morti tutti".
"Noi delle brigate Abu Hafs - afferma un altro passaggio della rivendicazione - non siamo rattristati per i cosiddetti civili", un apparente riferimento alle vittime di Madrid. "E' ok per voi uccidere i nostri bambini, le nostre donne, anziani e giovani in Afghanistan, Iraq, Palestina e Kashmir? Ed è vietato per noi uccidere i vostri?".

Un primo sospetto sulla pista islamica era stato avanzato in serata: quando il ministro dell'Interno spagnolo, Angel Acebes, aveva annunciato il ritrovamento, nella città di Alcalà de Henares, a 35 chilometri da Madrid, di un furgone contenente sette detonatori ed alcune audiocassette con versetti del corano in arabo. Il furgone sarebbe stato rubato a Madrid lo scorso 28 febbraio.
"La pista prioritaria resta l'Eta - aveva detto il ministro -, ma è necessario essere prudenti e non escluderne altre". Da Alcalà erano partiti i treni che stamattina sono stati devastati dalle esplosioni. Nella stessa località, alcuni testimoni hanno detto di aver visto due uomini salire e scendere da vari convogli in partenza per la capitale. Le audiocassette, aveva detto Acebes, sono simili a quelle "usate abitualmente per l'insegnamento del Corano", ma "potrebbe trattarsi di un tentativo di depistaggio.
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Non possiamo più fingere che la devastazione non ci riguardi

Quei volti siamo noi
Più le vittime ci assomigliano e più l’angoscia ci prende alla gola. Negarlo non servirebbe a nulla.
Tante volte, in questi anni terribili, ci siamo ripetuti che lo sgomento non dovrebbe conoscere confini, che l’intensità dello strazio non dovrebbe dipendere dalla maggiore o minore distanza che ci separa dall’epicentro dell’orrore. Eppure - perché non confessarlo? - di fronte alle notizie, le cifre, alle immagini raccapriccianti che ci arrivano in queste ore da Madrid sentiamo che non è così, siamo costretti a riconoscere che più le vittime ci assomigliano e più l’angoscia ci prende alla gola, ci paralizza, si impadronisce non soltanto della nostra coscienza ma anche della nostra immaginazione, del nostro corpo, delle nostre viscere. Negarlo, in questo momento, non servirebbe a nulla, sarebbe un inutile esercizio di astratto moralismo o, peggio, di ipocrisia. Diciamo la verità, per amara o magari meschina che possa apparire: la Spagna siamo noi. Basta stringere le palpebre per ritrovarci in mezzo alla folla dei testimoni, per sentirci accanto una madre che piange senza lacrime il figlio perduto, a una moglie che aspetta invano di veder comparire tra i superstiti il volto del marito disperso nelle strade e nelle piazze di Madrid, che tanti di noi hanno percorso tante volte con spensieratezza, con divertimento, con gioia.
Ci aggiriamo ora e forse per sempre come ci si aggira nei luoghi in cui si è perduta irrimediabilmente una parte di noi stessi. Come se una scossa brutale ci avesse risvegliati da un lungo, beato, stupido sogno di estraneità e di immunità. Di colpo non possiamo, non vogliamo più fingere che la devastazione del mondo non ci riguardi.

Giovanni Raboni, Corriere della Sera

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12 marzo 2004
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