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Chi dorme non piglia pesci... ma appesa si sveglia. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica ''Nature''

Più si dorme, più si impara.

13 agosto 2004

A cosa serve dormire? Secondo le teorie più recenti, il sonno contribuirebbe a rafforzare i circuiti della memoria. Ma come questi circuiti funzionino, e cosa accada loro esattamente durante la notte, rimane ancora un mistero.
Sulla rivista scientifica Nature viene proposta una nuova ipotesi. Gli autori sono tre italiani (Lice Ghilardi, Marcello Massimini e Giulio Tononi) e uno svizzero (Reto Huber) che lavorano per l'università del Wisconsin.
Il sonno, secondo loro, servirebbe a "fare pulizia" di tutte le conoscenze inutili acquisite durante il giorno, a riordinare gli stimoli che abbiamo ricevuto e a selezionare le esperienze vissute. Da svegli impariamo nozioni, movimenti e procedure. E tutto questo si traduce in un cambiamento reale, fisico, nel nostro cervello, che grazie alla sua plasticità è in grado di creare continuamente nuove connessioni fra neuroni.
"Il peso dell'esperienza", quindi, esiste veramente, e gli autori della ricerca scientifica lo hanno misurato grazie a un elettroencefalogramma tanto preciso da poter rilevare l'attività elettrica del cervello con la risoluzione di un centimetro. Lo strumento che usiamo per liberarci da questo "peso dell'esperienza" sarebbe il sonno. La dimostrazione? Secondo Lice Ghilardi: "Più aumenta l'attività di apprendimento, più c'è bisogno di dormire".

A Madison, dove i neurobiologi lavorano, un gruppo di volontari è stato sottoposto a un test studiato ad hoc per misurare il lavoro svolto da una determinata area del cervello durante il giorno, e la conseguente azione di "pulizia" messa in atto durante la notte. Si partiva da un semplice videogioco. Una pallina si muoveva sullo schermo di un computer, e i volontari dovevano inseguirla con un cursore manovrato da un mouse. In alcuni casi però c'era un trucco: il mouse si muoveva in una direzione, ma il cursore seguiva una direzione leggermente diversa, deviata di quindici gradi. Troppo poco perché i volontari ne avessero coscienza. Abbastanza però per mettere in funzione un'area del cervello dell'emisfero destro deputata alla coordinazione fra occhio e mano.
Dopo tre quarti d'ora di gioco, arrivava il momento di andare a dormire. E qui entravano in gioco i 256 elettrodi applicati sulla testa dei volontari.
L'area della coordinazione occhio-mano, quella sollecitata durante il gioco con il mouse truccato - e solo quella - continuava a mostrare un'attività elettrica superiore al normale anche con la testa sul cuscino. "In quel momento - spiega Massimini - il sonno stava ricalibrando i miliardi e miliardi di connessioni fra neuroni che erano state sollecitate durante la veglia, e che in generale sono responsabili della nostra capacità di apprendere e ricordare". Altro che riposare. "Proprio nelle aree sollecitate dal gioco - prosegue Massimini - le onde lente prodotte dal sonno diventavano molto più ampie".

L'attività notturna di riorganizzazione delle connessioni fra neuroni non serve solo a liberare il cervello dalle esperienze inutili, a renderlo quindi più agile e leggero. Ma anche a far risaltare le esperienze utili. Dopo una buona dormita, il punteggio realizzato al videogioco era infatti dell'11 per cento circa più alto rispetto alla sera precedente. Mentre un altro gruppo di volontari che aveva iniziato a giocare la mattina e si era ripetuto la sera - senza dormire nel frattempo - non aveva effettuato nessun miglioramento. "Questi risultati - conclude Massimini - rivelano alcuni dati fondamentali sul sonno. Se una parte del cervello impara, deve dormire di più. E tanto maggiore sarà l'intensità del sonno, tanto migliori saranno le nostre prestazioni il giorno successivo.
Le onde elettriche prodotte dormendo servono a ricalibrare (a "far dimagrire") le connessioni fra neuroni rafforzate (ingrassate) durante la veglia. Spazzano via dai circuiti cerebrali le scorie e le imprecisioni che l'apprendimento porta con sé. Grazie a questo processo di ricalibrazione, la mattina ci svegliamo con un cervello più leggero e più preciso".

Marcello Massimini, Maria Felice Ghilardi e Giulio Tononi (al loro articolo Nature ha dedicato la copertina) lavorano negli Usa rispettivamente da due, diciotto e tredici anni. "No, nessuna cattiva esperienza in Italia. Qui potevamo trovare opportunità migliori" spiega Tononi. "Il mio primo amore - aggiunge - sono gli studi sulla coscienza. E gli Stati Uniti sono all'avanguardia in questo campo".

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13 agosto 2004
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