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Colpiti i clan di Resuttana e Tommaso Natale-San Lorenzo

Blitz a Palermo dei Carabinieri e della Guardia di finanza: presi i boss che si stavano riorganizzando

21 dicembre 2009

I carabinieri del comando provinciale e del reparto operativo di Palermo e gli agenti della Guardia di Finanza del nucleo speciale di polizia valutaria - Sezione antiriciclaggio di Palermo, hanno eseguito all'alba di stamane nove provvedimenti di fermo disposti dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti di capi e uomini d'onore dei mandamenti mafiosi palermitani delle famiglie mafiose palermitane organiche ai mandamenti di "Resuttana" e "Tommaso Natale-San Lorenzo". I provvedimenti sono stati emessi dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Gaetano Paci, Lia Sava e Francesco Del Bene. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione.
Le persone fermate sono: Domenico Alagna, 48 anni, Giuseppe Crisafi, 41 anni, Vito Nicolosi, 48 anni, Salvatore Randazzo, 42 anni, Michele Pillitteri, 49 anni, Antonino Troia, 45 anni, Angelo Bonvissuto, 43 anni e Manuel Pasta, 34 anni.

Gli arresti sono scattati al termine di complesse attività di indagine, svolte autonomamente dai carabinieri e dalla Guardia di finanza, in seguito all'arresto del boss Salvatore Lo Piccolo. L'operazione odierna ha fotografato i nuovi assetti organizzativi dei due mandamenti mafiosi, i cui vertici negli ultimi due anni sono stati azzerati grazie a diverse operazioni di polizia che si sono susseguite nel tempo, e ha tracciato la mappa del pizzo delle estorsioni nelle due zone della città. Gli investigatori si sono avvalsi, oltre che di intercettazioni ambientali, di tecniche di indagine tradizionali come il pedinamento. Un apporto importante all'inchiesta è stato dato anche dalle rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia che hanno fornito un quadro aggiornato delle attività delle cosche, facendo emergere, ancora una volta, come il racket continui ad essere uno degli affari più redditizi di Cosa nostra.

Le indagini, svolte tra il 2008 e i primi mesi del 2009 dai carabinieri e culminate nell'operazione "Eos", che nel maggio del 2009 avevano condotto al fermo di 21 persone, vertici e affiliati dei mandamenti mafiosi di "Resuttana" e "Tommaso Natale-San Lorenzo", con il rinvenimento di un arsenale all'interno della storica "Villa Malfitano" di Palermo, già avevano documentato una sempre maggiore integrazione tra i due contesti criminali, attraverso una radiografia fedele ed aggiornata delle dinamiche al loro interno. In particolare, le intercettazioni avevano fatto emergere: l'assunzione al ruolo direttivo della famiglia mafiosa dell'Arenella da parte di Salvatore Lo Cicero; il progressivo consolidamento della posizione di Gaetano Fidanzati (arrestato il 5 dicembre a Milano dopo una breve latitanza, il giorno stesso in cui a Palermo è stato arrestato il giovane boss Gianni Nicchi) alla guida del mandamento di Resuttana; la ripresa del protagonismo dell'esponente mafioso Giuseppe Lo Verde, subito dopo la sua scarcerazione, nell'ambito della famiglia di Tommaso Natale; il progetto di Carmelo Militano di riprendere il controllo e la direzione del mandamento di San Lorenzo anche mediante la preventivata eliminazione violenta di tutti i possibili oppositori; la disponibilità di numerose armi da sparo e di sostanze chimiche con cui Militano e il cognato Agostino Pizzuto, pensavano di disfarsi dei cadaveri degli oppositori.
In tale contesto si inquadrano le indagini condotte sullo territorio dal Nucleo Speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza, le cui risultanze, acquisite nel solco delle indagini che avevano portato all'arresto dell'avvocato Marcello Trapani (legale di fiducia dei Lo Piccolo, poi divenuto collaboratore di giustizia), hanno portato all'emissione di un fermo per associazione per delinquere di tipo mafioso, finalizzata alle estorsioni nei confronti di Giuseppe Provenzano, uomo di fiducia dei Lo Piccolo assurto al ruolo di vice-capo del mandamento di Tommaso Natale dopo l'arresto di Lo Verde ed oggi deputato anche alla gestione dei proventi della raccolta delle estorsioni. L'uomo, all'atto della cattura è stato trovato in possesso di tre armi corte da sparo, ben occultate e perfettamente funzionanti, nonchè di circa 150 proiettili.
Tra gli arrestati c'è anche Bartolo Genova, 27 anni, gestore del noto stabilimento balneare palermitano Charleston. Genova, nipote del capomandamento di Resuttana Salvino Genova, secondo gli inquirenti avrebbe curato l'imposizione e la riscossione del pizzo nella zona, provveduto al sostentamento delle famiglie dei boss Di Trapani e Madonia e cercato di bloccare la collaborazione con la giustizia del pentito Maurizio Spataro. Gli inquirenti hanno piazzato una videocamera all'ingresso del lido filmando così una serie di incontri di esponenti mafiosi del mandamento.

Gli investigatori hanno analizzato i nuovi assetti organizzativi che caratterizzano l'attività estorsiva ai danni di imprenditori e commercianti dei due mandamenti, rilevando il consolidamento nei ruoli emergenti di personaggi già conosciuti.
Gli elementi acquisiti nel corso dell'ultimo anno, a cui si sono aggiunte le rivelazioni degli ultimi pentiti, hanno fornito, praticamente "in diretta", un quadro aggiornato dell'organizzazione mafiosa nei mandamenti di Resuttana e Tommaso Natale - San Lorenzo, evidenziando, fra l'altro, una sempre più pressante azione di imposizione del cosiddetto "pizzo" su ogni genere di attività. "Situazione quest'ultima - spiegano gli investigatori - che ha conseguentemente reso necessaria l'emissione da parte dell'Autorità Giudiziaria di un provvedimento cautelare d'urgenza anche a causa dell'approssimarsi delle festività natalizie, notoriamente considerate uno dei momenti più delicati per la riscossione delle estorsioni". Dall'inchiesta è emerso infatti che i mafiosi stavano preparando la consueta "campagna di Natale", un piano per la riscossione a tappeto tra commercianti e imprenditori. Nell'indagine, inoltre, sono emerse un'estorsione al titolare di un bar di San Lorenzo, costretto nel tempo addirittura a cedere un'altra attività commerciale al racket, e un tentativo di estorsione a un commerciante al dettaglio di Resuttana.

"La mafia, nonostante i colpi subiti dagli arresti dei capi e dalle confische dei patrimoni, non è sconfitta e cerca di riorganizzarsi sostituendo i vertici finiti in carcere - hanno detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo e l'aggiunto Antonio Ingroia - Cosa nostra non è un organismo moribondo che attente il colpo di grazia: la mafia cerca nelle seconde e terze linee i capi che sostituiscano i boss in galera e la vitalità delle cosche è evidente ma anche dalla nuova recrudescenza del racket delle estorsioni che attanagliano tutta la città. È ancora scarsa la collaborazione dei commercianti vittime del racket. Gli episodi di denuncia sono rari". "Gli arresti di oggi sono l'ennesima dimostrazione che la procura di Palermo, nonostante l'organico ridotto e la carenza di mezzi, dà risposte all'altezza della situazione e colpisce ovunque: non solo, come si insinua, le collusioni tra mafia e politica, ma anche l'ala militare di Cosa nostra e le estorsioni".
Riferendosi alla carenza di organico della procura di Palermo, che ha un vuoto del 27% dei posti, Ingroia ha rivolto un appello al governo affinchè adotti provvedimenti urgenti "come l'autorizzazione agli uditori ad andare nell'ufficio del pm, per consentire alle procure del Sud di fronteggiare l'attacco di Cosa nostra".

[Informazioni tratte da Ansa, Repubblica/Palermo.it, La Siciliaweb.it]

 

 

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21 dicembre 2009
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