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Daunbailò

Il film ''cult'' di Jarmush che ha fatto conoscere Benigni agli americani

11 novembre 2002
 

 

Noi vi consigliamo di vedere…
DAUNBAILO’
di Jim Jarmush

In contemporanea con Pinocchio, torna in sala una vecchia gloria ''benignesca'', un piccolo capolavoro del cinema indipendente: Daunbailò, il ''cult'' di Jim Jarmush che deve molto del suo successo all'irrestibile slang anglo-toscano di Roberto Benigni. Siamo a New Orleans. Zack e Jack, due perdigiorno che vivono ai margini della mala, si fanno incastrare per truffa e finiscono in galera. Nella stessa cella viene rinchiuso anche l'italiano Bob, che ha commesso un omicidio involontario. Quest'ultimo vivacizza con la sua irresistibile verve la cupa atmosfera carceraria e, sebbene sempre nel suo inglese maccheronico, mette a parte i suoi compagni di un piano d'evasione: lui conosce un passaggio segreto per darsela a gambe. Morale della favola, perchè anche un po' di favola si tratta, i tre scappano, attraversano boschi e paludi, e naturalmente perdono la bussola, per rendersi conto che da giorni girano in tondo. I due americani perdono le staffe, mentre Bob cerca come sempre di trovare il lato comico e positivo delle cose. Una notte passata in una solitaria locanda dà loro un po' di respiro; ma all'alba i due americani si mettono di nuovo in cammino prendendo direzioni opposte e senza nemmeno scambiarsi un saluto. Bob invece rimane, accolto da una ragazza, anch'essa italiana, la locandiera. In quel luogo sperduto c'è poco ma c'è tutto.

Distribuzione Mediafilm
Durata 107'
Regia Jim Jarmush
con Roberto Benigni, John Lurie, Tom Waits, Ellen Barkin, Nicoletta Braschi
Genere Commedia

Il Film
''Daunbailò'' nel gergo della strada significa, più o meno, ''tutto sotto controllo'', anche se apparentemente sembra proprio che voglia dire il contrario.
Daunbailò si potrebbe definire un film dallo stile ''commedia-neo-beat-noir'', con una trama che accetta apertamente le convenzioni, ed un'atmosfera che è parte incubo e parte sogno (''è un mondo triste e bello'').
Questo film si discosta totalmente dalle precedenti opere di Jim Jarmusch e non può essere incasellato in alcuna categoria. E' un noir stravolto dalla superba verve comica dei suoi attori, oltre ad essere una commedia dark in cui le azioni hanno conseguenze drastiche, anche se non necessariamente prevedibili. Possiede l'ineffabile simmetria di una favola e l'ineluttabilità di un sogno ricorrente.

Aprile 1986, New York City. E' l'alba sul ramo paludoso di un fiume. Una serie di inquadrature scorrono veloci: mausolei francesi, baracche, fabbriche abbandonate, case popolari, balaustre di ferro battuto, palafitte.
Come base musicale, una chitarra suona un versione distorta di Hernando's Hideaway e la voce di Tom Waits sussurra: "16 men on a deadman's chest And I've been drinking from a broken cup 2 pairs of pants and a mohair vest I'm full of bourbon; I can't stand up."

Un mondo triste e bello quello che fa da sfondo a Daunbailò, il terzo film di Jim Jarmusch. Questo mondo si trova in Louisiana, ma solo fino ad un certo punto; Jarmusch ha immaginato questa zona paludosa nei minimi dettagli ancor prima di mettere piede nel cosiddetto Pelican State.
Le coordinate per questo paesaggio si possono trovare nei vecchi film di serie B, nel rhythm and blues, nei romanzi tascabili, e nella mitologia popolare. Allo stesso tempo, la sublime precisione olandese della fotografia di Robby Mueller prova che questo mondo è indiscutibilmente reale, così reale che è possibile osservarlo solo in bianco e nero.
Roberto (Benigni) o "Bob", come ama essere chiamato, si avvicina alla lingua inglese con l'animo del poeta e si muove con l'aplomb di un protagonista del film muto. E' subito evidente che possiede tutta la verve, l'adattabilità e il senso dell'umorismo di cui gli altri due protagonisti, Zack e Jack, sono assai carenti. Con il passare del tempo, i due assumono un aspetto sempre più depresso e distrutto, mentre Roberto mantiene un contegno decorosissimo ed un'uniforme perfetta.
Daunbailò, comincia all'inferno e termina in qualcosa che assomiglia al paradiso.

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11 novembre 2002
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