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Ddl diffamazione: il Senato boccia l'art. 1 sul carcere per i giornalisti

Con 123 voti contrari, 29 favorevoli e 9 astenuti respinto il cuore del provvedimento

27 novembre 2012

L'Aula del Senato ha bocciato con voto segreto l'articolo 1 del ddl sulla diffamazione a mezzo stampa, con 123 voti contrari, 29 favorevoli e 9 astenuti. Un voto che affossa definitivamente il provvedimento, di cui l'articolo - che prevede il carcere fino ad un anno per i giornalisti ma non per il direttore della testata - rappresenta il cuore.
Alla luce del voto il presidente del Senato, Renato Schifani, ha sospeso la prosecuzione dell'esame del testo.

Alla votazione non ha partecipato il Pdl. Durante le dichiarazioni di voto il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri aveva invitato il suo gruppo a non votare per l'articolo 1 del provvedimento. Gasparri ha a lungo polemizzato sulla scelta del voto segreto e sull'ordine di arresto destinato al direttore del Giornale Alessandro Sallusti. "Chi ha voluto il carcere se ne assumerà la responsabilità. Abbiamo difeso - ha detto - un principio di libertà".
Da Fabrizio Cicchitto è arrivato un appello a ritrovare un'intesa: "recuperiamo l'accordo sulla diffamazione, elaborato e poi saltato in parlamento, e mettiamo fine al più presto a una situazione assurda e paradossale che da troppe settimane tiene banco e che sta offrendo dell'Italia uno spettacolo non degno di un paese democratico e civile quale il nostro dovrebbe essere", ha detto il capogruppo Pdl alla Camera dei deputati.

Il senatore del Pd Vincenzo Vita ha tirato un sospiro di sollievo. Il caso è chiuso, dice, "grazie anche a una bella manciata di senatori della destra che ha votato contro l'articolo 1 del provvedimento. Abbiamo vinto, perché decaduto l'articolo 1 decade tutto". Per Vita si tratta della "morte annunciata e non accidentale di una porcata. Finalmente di questa brutta storia non sentiremo più parlare".
Per l'Idv è finalmente finito l'accanimento terapeutico per una "pessima proposta di legge": "proposta incostituzionale che prevedeva il carcere per i giornalisti ma non per il direttore responsabile concorrente nello stesso reato", ha detto il responsabile Giustizia dell'Italia dei valori, Luigi Li Gotti.
Il no di Palazzo Madama riabilita il Parlamento, commenta il presidente dei senatori dell'Udc, Gianpiero D'Alia, per cui "immaginare il carcere per i giornalisti era un inutile segnale intimidatorio", mentre anche Francesco Rutelli esprime grande soddisfazione per la bocciatura dell'articolo 1 del ddl.

Contro il "ddl Sallusti" Fnsi e Fieg avevano presentato un appello congiunto. Era stato indetto uno sciopero dei giornalisti per la giornata di ieri, poi rinviato dopo l'appello del presidente del Senato Schifani ad attendere l'esito della votazione a Palazzo Madama.
E' contento Franco Siddi, presidente del Fnsi: "non si risolve il nodo del carcere per i giornalisti visto che si torna verso la legge precedente, ma almeno si evita che il rimedio sia ingiusto e peggiore del male", sottolinea.
Il presidente dell'ordine dei giornalisti Enzo Iacopino è "grato a chi ha votato per mandare a morte una legge assurda, anche se resta la preoccupazione per ciò che avverrà, dal momento che rimane la vecchia legge". "Ci piacerebbe - ha aggiunto Iacopino - che fra una legge a favore delle banche e una per le assicuzazioni se ne facesse anche una per garantire ai cittadini il diritto a un'informazione libera".

L’associazione Nazionale Stampa Online (ANSO) si ritiene sollevata da quanto comunicato da Palazzo Madama, e anche orgogliosa del lavoro di contatti e di informazione svolto nelle scorse settimane. Ma, dice l’ANSO, il problema rimane. Infatti, il carcere per i giornalisti è ancora previsto dalla legge in vigore, la numero 47 del 1948. La libertà di fare informazione è comunque sempre sotto scacco di possibili querele intimidatorie.
Ciò che lascia sconcertati è l’ennesima perdita di un’occasione: non è stato sfruttato bene il tempo, ne le risorse in campo, per produrre un testo di legge degno di questo nome e che tenesse conto delle parti in causa. E che tenesse da conto la natura dell’informazione online.
ANSO si augura che appena possibile ci si rimetta al lavoro per una nuova legge sulla diffamazione, e in aggiunta sull’editoria online, aprendo un tavolo di discussione e di confronto con tutte le rappresentanze di categoria. La posta in gioco è alta ed è bene che una nuova legge nasca nella massima condivisione.

[Informazioni tratte da Repubblica.it, ANSO]

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27 novembre 2012
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