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Doppio colpo a Cosa nostra

Arrestati il giovane boss Gianni Nicchi e il vecchio capo mafia Gaspare Fidanzati, latitanti a Palermo e Milano

05 dicembre 2009

Sono passate appena 24 ore dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza a Torino, e la polizia ha messo a segno un doppio colpo eclatante contro Cosa nostra. Due super latitanti della mafia, Gianni Nicchi e Gaetano Fidanzati, considerati capi di primissimo piano di Cosa nostra, sono stati arrestati quasi in contemporanea a Palermo e Milano.
Nel Capoluogo siciliano la polizia ha arrestato Gianni Nicchi, capomafia di appena 28 anni e considerato il numero tre di cosa nostra palermitana, che si nascondeva in un appartamento di via Juvara, a poche centinaia di metri dal palazzo di Giustizia di Palermo. Il boss era ricercato da tre anni, da quando riuscì a sfuggire all'operazione di Polizia denominata Gotha, che portò in cella i principali capi di Cosa nostra di Palermo. Il giovane mafioso è considerato il pupillo del capomafia Nino Rotolo.
Insieme al boss palermitano, arrestato dalla sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo, sono finite in manette due persone accusate di favoreggiamento. Sarebbero i proprietari dell'appartamento di via Juvara in cui il capomafia si nascondeva.
A Milano in un altro blitz è stato arrestato Gaetano Fidanzati, uno dei boss mafiosi appartenenti alla lista dei 30 ricercati per mafia più pericolosi. Fidanzati è stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile in via Marghera mentre era in compagnia del cognato. Fidanzati è uno dei capomafia storici palermitani. Per avere un'idea della sua posizione all'interno dell'organizzazione basta ricordare che nel '70 un'auto venne fermata casualmente ad un posto di blocco. Dentro, con documenti falsi, c'erano, oltre a lui, Tommaso Buscetta, Salvatore Greco, Giuseppe Calderone, Gaetano Badalamenti e Gerlando Alberti, padrini che avevano e avrebbero fatto parlare a lungo di loro. Fidanzati è entrato a pieno titolo nel gotha dei trafficanti di droga mafiosi. Il suo nome è contenuto in inchieste su traffici mondiali di eroina e soprattutto cocaina di diverse procure italiane e nei dossier di investigatori Usa. Fidanzati è ritenuto dagli investigatori uno dei più importanti boss del narcotraffico e dopo di lui sono stati arrestati per traffico di droga anche i figli, Guglielmo e Giuseppe, che avevano basi logistiche nel Nord Italia occupando spazi del mercato della cocaina in Veneto e Lombardia

La cattura di Gianni Nicchi - Nicchi è stato preso dalla sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo nel capoluogo siciliano intorno alle 14:00: si nascondeva in un appartamento al primo piano di via Filippo Juvara 25. A soli 28 anni è considerato il numero tre di Cosa nostra palermitana. Si trovava in una palazzina di tre piani, a poche centinaia di metri dal Palazzo di giustizia di Palermo. Nicchi ha cercato di fuggire attraverso il pozzo luce dell'edificio. Secondo alcune indiscrezioni quello dove è stato fermato non sarebbe il covo principale del latitante, ma una base di appoggio in cui il mafioso si sarebbe rifugiato provvisoriamente.
Pizzetto, ingrassato rispetto alle foto che circolavano, con indosso un piumino nero, Nicchi è uscito dal portoncino guardando la gente di fronte. Con lui sono stati fatti uscire anche un giovane e una donna, probabilmente i due favoreggiatori. Sul citofono dell'appartamento in cui è stato preso il latitante c'è scritto "Amato-Pizzimenti". La casa è composta da una cucina, un bagno, un soggiorno e una camera da letto. E' piccola e sembra appartenere a persone non agiate.
Nicchi è stato portato in questura ed è stato accolto dagli applausi della gente, mentre gli agenti della catturandi e molti poliziotti si abbandonavano a scene di esultanza. Gli agenti della catturandi che hanno arrestato Nicchi si sono affacciati alle finestre della mobile e hanno fatto il segno della vittoria salutando la folla nella piazza.
I ragazzi del comitato Addiopizzo hanno intonato l'inno di Mameli. Alle finestre della mobile si è affacciato anche il capo della catturandi Mario Pignone, che il mese scorso, con gli stessi uomini aveva arrestato un altro boss latitante, Mimmo Raccuglia. Col il volto ancora coperto dal passamontagna i poliziotti hanno sventolato la maglietta con la scritta "Addiopizzo".

La cattura di Gaetano Fidanzati - Stava passeggiando per le vie del centro di Milano in compagnia di un cognato e stava per incontrare un'altra persona. Ma Gaetano Fidanzati, 74 anni, storico capo mafia, reggente del mandamento di Palermo Resuttana e  inserito nella lista dei 30 ricercati più pericolosi, è stato arrestato dagli uomini della squadra mobile di Milano guidati da Alessandro Giuliano. Fidanzati ha provato a fornire false generalità, ma non ha opposto resistenza alla polizia che lo stava arrestando. Fidanzati, secondo il capo della Squadra mobile di Milano è "una persona molto radicata in città. I primi segni della sua presenza nel territorio di Milano risalgono a 40 anni fa".
Al momento si sta indagando sui luoghi in cui Fidanzati è stato nascosto e sulla rete di relazioni che hanno permesso la sua latitanza. Al momento dell'arresto sono intervenute cinque macchine della Polizia ma non sono stati registrati momenti di tensione fra la gente che affolla le vie del centro di Milano nei fine settimana prima di Natale.
Era ricercato dal 2008 per gli stessi reati, associazione mafiosa ed estorsione. Il nome di Fidanzati compare in varie inchieste italiane e americane su traffici mondiali di eroina e cocaina. È ritenuto dagli investigatori uno dei più importanti boss del narcotraffico. Arrestati anche i figli Guglielmo e Giuseppe, che avevano basi logistiche nel Nord Italia e avevano occupato ampi spazi nel mercato della cocaina in Veneto e Lombardia.

Le reazioni e i commenti - "Due colpi straordinari che devono confortare i cittadini di buon senso", ha commentato il doppio arresto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "Dopo una preparazione molto accurata - ha detto Berlusconi - le nostre forze dell'ordine hanno effettuato due colpi straordinari a Palermo e a Milano. A Palermo siamo riusciti a catturare Gianni Nicchi che è il numero due di Cosa nostra e a Milano abbiamo catturato Danilo Fidanzati che è il numero tre di Cosa nostra. Credo che sia una bella situazione, una bella operazione che deve confortare i cittadini di buon senso".
Il superlatitante Giovanni Nicchi arrestato oggi a Palermo "è il numero 2 di Cosa nostra. Rimane solo il numero 1, Matteo Messina Denaro, e sono certo che presto prenderemo anche lui", ha affermato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni ricordando l'importanza dell'attività investigativa che, sottolinea, "serve ad evitare la costituzione di nuove cupole, la sostituzione dei vecchi boss catturati con nuovi". "Siamo sulle tracce di questi pericolosi criminali da tanto tempo. Sappiamo che si muovono con disinvoltura nelle città. Il Nicchi è stato arrestato a poche centinaia di metri dal tribunale di Palermo, in pieno centro", ha detto ai microfoni di SkyTg24 Maroni. "Il risultato di oggi deve riempire di gioia tutti i cittadini onesti e credo faccia giustizia di tante farneticazioni (sui rapporti tra governo e mafia) sentite in questi giorni", ha aggiunto Maroni, che ha voluto precisare che "le catture dei latitanti non sono mai a orologeria". "Pure farneticazioni di chi vuol colpire un governo che sta facendo contro la mafia quel che nessuno ha fatto negli ultimi decenni", ha detto ancora il ministro facendo riferimento alla deposizione di ieri del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che in tribunale a Torino ha ribadito accuse di presunti contatti di Silvio Berlusconi e del senatore PdL Marcello Dell'Utri con la mafia negli anni Novanta. "La reazione rabbiosa della mafia contro chi la sta colpendo duramente al cuore è evidente", ha detto ancora Maroni, precisando che "siamo a 17 latitanti catturati fra i 30 più pericolosi in pochi mesi".
"Un grande successo investigativo, l'ennesimo risultato portato a segno dallo Stato in questa stagione indimenticabile di lotta serrata alla criminalità organizzata", ha detto il ministro della Giustizia, Angelino Alfano in una telefonata al procuratore Grasso. "È la dimostrazione di uno straordinario impegno del governo che sta portando avanti una guerra senza precedenti alla criminalità organizzata fatta di strategie concrete, di norme mirate a rafforzare l'opera investigativa dei magistrati".
Per il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso "la cattura di Nicchi, ultimo grande latitante palermitano, è un grandissimo successo. Questi due boss arrestati avevano grandi capacità decisionali e credo che il fatto che siano stati catturati produrrà un grosso danno a Cosa nostra". "La cattura di Gianni Nicchi, ultimo grande latitante palermitano ancora libero, è un grandissimo successo che testimonia l'incessante impegno delle forze dell'ordine. Ora puntiamo al boss trapanese Matteo Messina Denaro". Grasso, che ha espresso le sue congratulazioni alla polizia ha aggiunto con una battuta: "Nella lista dei trenta latitanti più pericolosi, se continuiamo così, non resterà più nessuno".
Per il questore di Palermo, Alessandro Marangoni, con l'arresto di Nicchi c'è "il rischio di 'camorrizzazione' a Palermo in quanto non c'è più un struttura verticistica di Cosa nostra. C'è un magma di gruppi che possono salire nella scala del potere della mafia. E questo può esser pericoloso".

Chi è Gianni Nicchi - Giovane, rampante, spietato. Gianni Nicchi, 28 anni, è salito al vertice di Cosa nostra di Palermo dopo il vuoto di potere lasciato dai "re delle estorsioni", Salvatore e Sandro Lo Piccolo (catturati nel novembre 2007, a Giardinello, nelle campagne di Palermo). Nato a Torino il 16 febbraio 1981, Nicchi era latitante da tre anni, da quando riuscì a sfuggire all'operazione denominata "Gotha", che portò in cella i principali capi di Cosa nostra di Palermo.
Nicchi, "u picciutteddu" chiamato anche "Tiramisù" è il rampollo delle cosche mafiose palermitane. Condannato a 18 anni di carcere per mafia ed estorsioni nel processo scaturito dall'operazione Gotha, nel gennaio 2008, il nome di Nicchi è venuto fuori più volte per i suoi viaggi negli Stati Uniti (LEGGI). L'operazione Gotha, che scompaginò le cosche palermitane arrestando i nuovi boss, mostrò le ultime novità del pianeta mafia a Palermo grazie ad una microspia posizionata in un capannone di lamiera dove i boss si riunivano. Proprio grazie a quella microspia gli investigatori ascoltarono le conversazioni dei nuovi capimafia tra cui Nicchi.
In una di queste il boss Nino Rotolo parla con Nicchi dandogli le dritte per diventare un buon killer. "Spara sempre due o tre colpi", gli dice. "Non ti avvicinare assai... Non c'è bisogno di fare troppo scruscio. Uno... per buttarlo a terra. Quando cade a terra, in testa e basta. Vedi che in testa poi ti puoi sbrizziari", cioè macchiare (LEGGI).
Nicchi, figlio di Luigi, un mafioso condannato all'ergastolo, secondo le accuse sarebbe inserito nella famiglia mafiosa di Pagliarelli. Quando la polizia si presentò a casa sua per arrestarlo nel blitz in cui vennero fermati Rotolo e altre 45 persone, nel giugno 2006, non lo trovò.
Parlando con un altro mafioso il boss Rotolo diceva di Nicchi: "Gianni è mio figlioccio, però ti dico, per me è come se fosse figlio mio". E ancora: "Con Giovanni, quando parli con lui è come se parlassi con me. E' la stessa cosa...". Proprio per questa sua vicinanza con Rotolo l'altro capomafia palermitano Salvatore Lo Piccolo lo voleva uccidere. Questo particolare è stato raccontato per primo dal pentito Gaspare Pulizzi, fedelissmo di Lo Piccolo, ai magistati. Alla base di questo dissidio vi era la vicinanza di Nicchi, e del medico di Totò Riina, Antonino Cinà, con Nino Rotolo. Quest'ultimo era contrario al rientro dagli Usa della famiglia degli Inzerillo, parzialmente sterminata dai mafiosi corleonesi nella guerra di mafia, mentre Lo Piccolo era favorevole. Nel maggio scorso Gianni Nicchi spedì una lettera autografa alla Corte d'Appello di Palermo con cui nominava un secondo difensore nel processo di appello Gotha. Il timbro sulla busta era di un ufficio postale di Palermo (LEGGI).
Il ruolo di Nicchi come uno dei nuovi capi delle cosche di Palermo centro viene svelato dalle intercettazioni ambientali del 2004 nel gabbiotto dell’Uditore dove si riunivano i boss legati a Nino Rotolo: è Nicchi che dà l'ok per la nomina di Nicola Ingarao a reggente della famiglia di Porta Nuova. Ingarao viene ucciso nel giugno del 2007 (LEGGI) per ordine dei Lo Piccolo (LEGGI). Ed è Nicchi che suggerisce ai capi di acconsentire al ritorno dagli Usa dei boss Bontate e Inzerillo, "scappati" negli Usa durante la guerra di mafia degli anni Novanta. Nicchi sale alla ribalta delle cronache giudiziarie quando vengono scovate a casa di un "picciotto" palermitano le fotografie di una viaggio a New York insieme ad altri rampolli di Cosa nostra. Con gli Usa, e la cosca di Villabate, Nicchi ha un legame fortissimo: è fotografato dall’Fbi insieme a Frank Calì, il trentenne finito in carcere nel 2008 a Brooklyn insieme ad altri 80 affiliati alle cosche italo-americane a New York e sospettato in Italia di aver riciclato i soldi di Bernardo Provenzano (LEGGI).


[Da sinistra, Frank Calì, Nicola Mandalà e Gianni Nicchi, con le fidanzate. New York 2008]

Nicchi ha altri legami importanti: dalle indagini della Dda di Palermo è emerso che tramite un suo uomo di fiducia dava consigli su questioni riguardanti i familiari di Vittorio Mangano, il boss noto come lo stalliere di Arcore.

Chi è Tanino Fidanzati - Gaetano "Tanino" Fidanzati, 74 anni, condannato a 12 anni di carcere nel primo maxi processo a Cosa nostra, è il boss storico dell' quartiere Arenella a Palermo. Il suo nome si legge in inchieste su traffici di droga di diverse procure italiane e nei dossier della Dea americana. E' il mafioso che portò fiumi e fiumi di cocaina sulla piazza milanese. E il suo arresto nel capoluogo lombardo prova che il mafioso lì si sentiva come a casa propria. Di lui si persero le tracce dall'ottobre 2008 dopo la morte di Giovanni Bucaro, uno spacciatore ucciso per strada a Palermo da cinque uomini che lo massacrarono con pugni, calci e spranghe. Dietro al delitto, hanno accertato gli investigatori, anche grazie alla confessione di Francesco Tarantino che partecipò al pestaggio, vi era Tanino Fidanzati che voleva dare una sonora lezione a Bucaro perché aveva picchiato sua figlia, convivente del pusher. Il boss era presente quando i cinque picchiarono Bucaro che morì a causa delle botte. Libero dal 2006, dopo aver scontato tutte le pene, Fidanzati rientrò a Palermo e due mesi dopo essersi reso irreperibile per la morte di Bucaro, nel dicembre 2008, venne raggiunto da un nuovo ordine di custodia cautelare per mafia nell'ambito dell'operazione Perseo. Don Tanino però era già fuggito, forse proprio a Milano dove certamente negli anni del suo fulgore mafioso aveva stretto alleanze anche con esponenti della criminalità locale. Dopo le condanne in alcuni processi e al maxiprocesso, nel febbraio '90, Fidanzati venne arrestato in Argentina dagli uomini dell'Alto commissariato per la lotta alla mafia diretto da Domenico Sica. In Sud America venne condannato a 3 anni di reclusione per aver utilizzato documenti falsi per entrare nel Paese. Fidanzati si era reso latitante, in Italia, pochi giorni prima dell'omicidio dell'agente di polizia Natale Mondo, ucciso il 14 gennaio 1988 davanti al negozio di giocattoli della moglie, nel cuore del quartiere Arenella. Dopo l'arresto in Argentina Giovanni Falcone andò a interrogarlo, ma il boss si limito à sostenere di essere un perseguitato politico. Il capomafia fu estradato dall'Argentina il 18 aprile '93. Dopo avere scontato le condanne per droga e mafia inflittegli in Italia, nel 2006 gli venne imposto un anno di affidamento in casa lavoro. Nel maggio scorso venne arrestato il fratello del boss, Stefano Fidanzati, anch'egli narcotrafficante.

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]

 

 

 

 

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05 dicembre 2009
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