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E' allarme Mafia, all'ombra delle millenarie colonne dei Templi di Agrigento

Nella provincia di Agrigento "non si nota più il confine fra i boss mafiosi e i politici"

21 ottobre 2004

All'ombra dei millenni delle colonne dei Templi di Agrigento la mafia ha rinnovato la sua comoda stanzialità in Sicilia. La mafia ad Agrigento, ha rafforzato la sua "Concordia" con la politica, e tranquilla si è rivolta alla tutela di "Giove" e "Giunone".
Sono più di tremila gli affiliati a Cosa nostra in tutta la provincia di Agrigento, dove in molte amministrazioni comunali "non si nota più il confine fra i boss mafiosi e i politici". Questo uno dei dati che gli investigatori della Direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno fornito alla Commissione nazionale antimafia, arrivata tre giorni fa nella città dei Templi per le audizioni di politici, responsabili delle Forze dell'ordine, magistrati e procuratori di Palermo, Sciacca e Agrigento.

''Agrigento è la provincia in cui è più difficile condurre le indagini antimafia'' ha detto il procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso, che ha ribadito il problema della ''mancanza di collaboratori di giustizia''. Una zona in cui la mafia prende di mira anche i preti, facendo arrivare loro per posta dei proiettili. Un territorio dove magistrati e forze dell'ordine hanno pochi uomini e mezzi, in cui gli uffici della prefettura hanno la metà dei funzionari in servizio rispetto ai posti che vi sono in organico e le inchieste su appalti e attività imprenditoriali vanno a rilento.
"L'economia già povera della provincia di Agrigento - hanno sostenuto i pm della Dda di Palermo che si occupano del territorio agrigentino - è infiltrata e pesantemente condizionata dalla criminalità mafiosa e di questo passo la popolazione finirà col perdere ogni fiducia nello Stato di diritto accettando definitivamente di convivere con la mafia e sottoponendosi alle sue regole scritte".
"Se dunque - aggiungono i magistrati - si vuole evitare che i cittadini di questa provincia diventino 'sudditi' di Cosa nostra e delle altre organizzazioni criminali mafiose, occorre uno sforzo delle Istituzioni che superi la soglia dell'ordinaria amministrazione, come viceversa fino ad adesso si è fatto".

Un potenziamento delle forze dell'ordine sul territorio di Agrigento e un aumento dei mezzi a loro disposizione è stato chiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo alle Istituzioni per combattere Cosa nostra. "E' essenziale - hanno dichiarato i pm della Dda - l'aumento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio ed il potenziamento degli organismi investigativi quali il Ros dei carabinieri (la cui presenza ad Agrigento è quasi simbolica) e la Dia, anche per rilanciare il settore delle indagini in materia di appalti e cattura dei latitanti".
La Squadra mobile di Agrigento sulla quale confluiscono centinaia di indagini, è di «livello B» e dovrebbe, sulla base di questa classificazione, avere un organico compreso tra 31 e 103 agenti. Attualmente prestano servizio in questa struttura 40 persone, che, secondo quanto sostengono i magistrati, in relazione alle numerose e particolarmente gravose e delicate indagini che svolgono con la Dda, "appaiono veramente insufficienti".
I pm spiegano che "non potendo confidare nella prospettiva di nuove collaborazioni con la giustizia o nel contributo delle vittime di reati di mafia (che preferiscono quasi sempre subire e tacere temendo per la propria incolumità), né, tantomeno, nella collaborazione di una cittadinanza smarrita ed impaurita che sembra avere perso ogni speranza di cambiamento, se si vuole seriamente ridimensionare il ruolo di queste organizzazioni criminali occorre un forte impegno degli strumenti tradizionali di indagine".

"E' evidente - hanno concluso i pm della Dda - che l'adozione di misure di rafforzamento degli organismi investigativi e giudiziari, richieda l'impiego delle risorse straordinarie da parte dello Stato. Ma questo risultato si potrà ottenere soltanto se vi sarà una presa di coscienza collettiva della gravità della situazione".

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21 ottobre 2004
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