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GAME OVER

Operazione antimafia nell'Ennese: fermato un clan specializzato nel controllo di appalti pubblici e nella gestione di bische clandestine

18 maggio 2010

Gli agenti della squadra mobile di Enna hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip di Caltanissetta, nei confronti di presunti affiliati alle cosche mafiose dell'Ennese. L'operazione, denominata in codice 'Game Over' e coordinata dai magistrati della Dda di Caltanissetta, costituisce la prosecuzione di due precedenti blitz antimafia, 'Green Line' e 'Old One', scattati tra i mesi di giugno e luglio del 2009. In quell'occasione la Squadra Mobile di Enna eseguì complessivamente 22 ordini di custodia cautelare con l'accusa di associazione mafiosa ed estorsione. Tra gli arrestati il presunto boss Salvatore Seminara, indicato dagli inquirenti come il capo provinciale di Cosa Nostra, Tano Drago, ritenuto il suo braccio destro e Giancarlo Amaradio, definito il referente per la famiglia di Enna. Secondo gli investigatori le persone arrestate oggi farebbero parte della stessa cosca, specializzata nel controllo di appalti pubblici e nella gestione di alcune bische clandestine.

Gli arrestati sono Angelo Maria Gloria, 38 anni, imprenditore edile di Enna; i fratelli Giuseppe, Salvatore e Pietro Stella, di Raddusa, manovali, rispettivamente di 45, 44 e 48 anni; Ivano Antonio Di Marco, nato a Catania ma residente a Raddusa, operaio, e Calogero Silvio La Malfa, inteso Gerry, di Piazza Armerina, 49 anni, impiegato presso l'Ufficio Regionale per l'incremento turistico, unico incensurato. Sono tutti accusati di far parte della cosca guidata dal boss Salvatore Seminara.

Angelo Maria Gloria è figlio di Giuseppe, candidato a sindaco di Enna alle amministrative del 30 maggio prossimo con una lista, Dc III polo, esclusa per irregolarità. Secondo gli inquirenti Gloria avrebbe "supportato stabilmente le attività di Cosa Nostra, in particolare della famiglia di Enna, dalla quale riceveva vantaggi e sostegno alla sua attività imprenditoriale". Gloria avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra esponenti mafiosi di primo piano ed una ditta che effettuava lavori edili a Piazza Armerina, alla Villa Romana del Casale, alla quale doveva essere imposta l'assunzione di Giuseppe Stella, anche lui tra gli arrestati, e la scelta dei fornitori. Quando in un cantiere di Gloria fu rubato un escavatore, la cosca si incaricò di risalire agli autori del furto e risarcire l'imprenditore del danno subito.
Giuseppe Stella, invece, avrebbe avuto già dal 2007 l'incarico di seguire per conto del presunto boss Salvatore Seminara e del suo braccio destro Gaetano Drago la gestione della "casa da gioco" clandestina realizzata nell'agriturismo messo a disposizione da Calogero Silvio La Malfa, detto Gerry, formalmente di proprietà della moglie ma di fatto appartenenenti a una società formata da Seminara e Drago che avrebbero sempre sostenuto anche economicamente l'attività. Dalle indagini sono emersi infatti scambi di denaro, somme che La Malfa riceveva da mafiosi o versava a questi. Un quadro che ha portato gli investigatori a ipotizzare il coinvolgimento di La Malfa in operazioni di riciclaggio di soldi del clan. I boss, sostengono gli investigatori, sarebbero stati soci occulti dell'agriturismo. Al punto che dopo il suo arresto, il 14 luglio del 2009, Tano Drago, braccio destro del capomafia Seminara, aveva indicato agli affiliati proprio La Malfa come la persona più idonea più idonea a gestire gli affari nell'agriturismo al suo posto. E il dipendente regionale, poco dopo, aveva consegnato a esponenti del clan 3.000 euro come sostegno economico per Drago e gli altri mafiosi arrestati con lui. Il blitz della polizia nel luglio 2009, portando in carcere i vertici del clan di Enna interruppe, è stato ora ricostruito, la formalizzazione degli interessi mafiosi nell'agriturismo di Piazza Armerina, del quale Seminara e Drago stavano per acquistare quote attraverso prestanome.

A Giuseppe Stella, accusato di avere fatto la cresta sui guadagni della cosca, sarebbe subentrato nel 2009 Ivano Di Marco, coadiuvato dagli altri due fratelli Stella, Salvatore e Pietro. Questi ultimi davano un mano anche nella gestione della bisca fino al 17 giugno del 2009, giorno del blitz della Squadra Mobile di Enna che interruppe un baccarà al quale stavano partecipando una trentina di persone, provenienti da varie località della Sicilia, sequestrando circa 27 mila euro in contanti e 22 mila euro in assegni sul tavolo da gioco e addosso ai giocatori. Di Marco, dopo il blitz della polizia, sarebbe stato incaricato da Drago di condurre una indagine interna all'organizzazione per capire se l'operazione fosse scaturita da una "soffiata" e cercare di identificare l'eventuale spia.

"L'operazione antimafia contro la cosca ennese capeggiata dal boss Seminara, eseguita dalla Squadra mobile di Enna e coordinata dalla Dda di Caltanissetta, é un ulteriore dimostrazione dell'incessante impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata". Questo il commento del ministro della Giustizia Angelino Alfano.
"La strada intrapresa - continua il Guardasigilli - è quella giusta per combattere il crimine organizzato. L'operazione di oggi consacra nel miglior modo possibile l'azione di contrasto portata avanti dalla squadra Stato per debellare il fenomeno mafioso". "Il mio plauso - conclude Alfano - va alla magistratura e agli uomini delle forze dell'ordine impegnati nella lotta alla mafia, che con il loro operato, senza sosta e senza risparmio di energie, contribuiscono allo smantellamento della rete delle organizzazioni criminali sul nostro territorio".

"Un’altra brillante operazione della magistratura e delle forze dell’ordine che indebolisce Cosa nostra della provincia di Enna". Così il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione antimafia, commenta i sei arresti di stamane.
"Quella ennese - aggiunge Lumia - è una cosca che non va assolutamente sottovalutata. È la Cosa nostra guidata dal boss Raffaele Bevilacqua che organizzò i summit regionali per decidere l’apertura della stagione delle stragi, a partire da quella di Capaci contro il giudice Giovanni Falcone. Si tratta di una cosca ancora oggi molto forte e invasiva nel sistema degli appalti e della Pubblica Amministrazione". "È necessario – conclude l’esponente del Pd – non abbassare mai la guardia e andare fino in fondo, per smascherare il sistema delle collusioni con la politica e l’economia e liberare dal condizionamento mafioso un territorio che ha enormi potenzialità".

[Informazioni tratte da Ansa, AGI, Apcom.net]

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18 maggio 2010
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