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Il ''giudice lumaca'' non si può perdonare

Ecco perché il Csm ha condannato l'ex giudice del tribunale di Gela Edi Pinatto

09 luglio 2008

E' responsabile di una "grave negligenza" che "non è scusabile" il giudice Edi Pinatto, il quale ha impiegato otto anni per scrivere le motivazioni della sentenza con cui il tribunale di Gela aveva condannato sette componenti del clan Madonia a complessivi 90 anni di carcere, determinando per diversi di loro la scarcerazione. E ha dimostrato "una forte incompatibilità a esprimere un rispetto anche minimo della funzione giudiziaria".
Lo mette nero su bianco la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nelle motivazioni della sentenza con cui il 16 giugno scorso ha disposto la rimozione del magistrato dall'ordine giudiziario.
Un provvedimento drastico che è stato anche determinato dalla "insensibilità" dimostrata dal magistrato che, già punito in passato due volte per il suo ritardo, "non ha compreso che suo obbligo era concludere il suo lavoro senza cagionare altra lesione alla giurisdizione".

E' la Costituzione che "impone la motivazione dei provvedimenti" (articolo 111) per consentire alle parti, ma anche al sistema "di controllare" che le decisioni dei giudici "siano ispirate alla legge". Dunque "un ritardo che segue a una decisione già resa pubblica - sottolinea la sentenza di cui è relatore il consigliere Giuseppe Maria Berruti - impedisce la tempestiva verifica di tale primario obbligo del giudice e toglie alla parte il diritto al controllo processuale tempestivo della decisione".
E il ritardo diventa tanto più grave quando riguarda, come in questo caso, una materia sensibile come quella della mafia, che richiede "massima sensibilità del giudice al rispetto della sua funzione e alla necessità giuridica di rendere effettiva e credibile la sua decisione".
Rispetto che da parte di Pinatto non c'è stato: non solo c'è stata una "mancanza di giustificazione  della gravità del ritardo", visto che "le difficoltà" lamentate dal magistrato nel suo passaggio dal tribunale di Gela alla procura di Milano, sono quelle che "ogni sostituto di quella procura affronta ogni giorno".

Ma la sua sentenza sul clan Madonia "ha il taglio di un saggio" e "non è certo" che il magistrato nel provvedere alla sua stesura "abbia ragionato in termini di decisività degli argomenti e delle tesi esaminate".
E non basta: a pesare è stato anche il fatto che le precedenti sanzioni disciplinari (e che consistevano nella perdita di anzianità professionale) non hanno indotto il magistrato a cambiare comportamento. Di qui la scelta di rimuoverlo dall'ordine giudiziario, a fronte della "gravità" della vicenda. 

Fonte: La Sicilia Web

- Il ''giudice lumaca'' è stato condannato (Guidasicilia.it, 05/07/08)

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09 luglio 2008
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