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Il ''No'' della Corte Costituzionale alle baby pensioni negli enti locali

La Consulta dovrà pronunciarsi anche sul prepensionamento, dal gennaio 2004, di circa 4000 regionali

17 novembre 2003
Bocciate le baby pensioni! La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale una norma varata dall'Ars il 2 marzo del 2001. La norma estendeva ai dipendenti degli altri enti locali (aziende sanitarie, soppressi patronati scolastici e altri enti comunque controllati dalla Regione) la possibilità precedentemente concessa al personale della Regione di chiedere di andare in pensione con soli 25 anni di anzianità. L’approvazione fu quasi unanime. Settantamila mila persone avrebbero beneficiato di questa operazione anche se non si può quantificare quanto sarebbe costata agli enti locali dato che nel provvedimento non se ne faceva menzione. Uno dei motivi per i quali la legge non entrò mai in vigore fu proprio questo. Intervenne, infatti, il Commissario dello Stato, Gianfranco Romagnoli che impugnò la normativa richiedendo il giudizio della Corte Costituzionale.
Sarebbe stato violato infatti, l’art. 81 della Costituzione secondo il quale ogni legge deve indicare i mezzi di copertura finanziaria.

E oggi, a distanza di due anni e mezzo, la Consulta dà ragione a Romagnoli, affermando il no definitivo a qualsiasi ipotesi di baby pensioni negli enti locali. Inoltre, i giudici costituzionali affermano che "le condizioni soggettive per il collocamento a riposo dei dipendenti risultano da una normativa che costituisce principio fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, come tale idonea a imporsi a qualunque tipo di potestà legislativa regionale". La Consulta quindi, conferma la superiorità della legge nazionale su quella siciliana gettando così, un ombra sugli oltre 4500 prepensionamenti già partiti nell’amministrazione regionale. Nel 2001, 700 dipendenti regionali hanno usufruito del beneficio, poi uno stop dovuto fondamentalmente a motivi finanziari. La Corte costituzionale dovrebbe pronunciarsi anche su una questione, sollecitata lo scorso marzo dalla Corte dei conti. Finora il governo non si è ancora espresso sull'eventuale blocco dei circa 4.000 prepensionamenti già previsti a partire dal gennaio 2004 e i sindacati parlano di beffa ai danni dei lavoratori, minacciando azioni giudiziarie eclatanti.

I giudici palermitani avanzano il sospetto di illegittimità della normativa siciliana, per mancanza di copertura finanziaria. L'ordinanza che rimette gli atti ai giudici romani porta la firma del consigliere Pino Zingale, giudice unico delle pensioni presso la sezione giurisdizionale per la Regione della Corte dei Conti. Sul suo tavolo giacciono i ricorsi di centinaia di dipendenti regionali contro il blocco dei prepensionamenti. E proprio dalla valutazione dei ricorsi nasce il dubbio sulla legittimità costituzionale dei primi due commi dell'articolo 39 della legge 10 del 2000.
La norma con cui si sancisce il baby pensionamento di questi dipendenti regionali comunque, non dovrebbe essere intaccata. La sentenza infatti, si rifà alla legislazione che precede la riforma del Titolo V della Costituzione, in un periodo nel quale la potestà della Regione era meno estesa rispetto a oggi. Con la riforma, la Regione è soggetta ai soli vincoli comunitari e costituzionali, mentre le riforme economico-sociali non costituiscono più, come in passato, "norma fondamentale" cui attenersi. Il pensionamento anticipato previsto dalla riforma burocratica, tende appunto ad eliminare gli "esuberi”di dipendenti, ma dal punto di vista politico, la questione rimane aperta. Infatti una riforma nazionale delle pensioni incentiva la permanenza in servizio dei dipendenti.
La Sicilia quindi, con le sue baby pensioni andrebbe decisamente contro corrente.

Forza Italia ha chiesto ufficialmente lo stop all'esodo. Il governatore Cuffaro inoltre, durante un incontro con i capigruppo dell’Ars, ha dichiarato che presenterà  un apposito disegno di legge nella direzione della riforma pensionistica  nazionale per contenere il numero dei prepensionamenti. L’obiettivo del governatore siciliano è di legittimare  definitivamente il controllo preventivo sulle leggi da parte del commissario dello Stato, che sembrava essere stato abolito dalla riforma del titolo V della Costituzione.

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17 novembre 2003
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