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L'ottimismo di Marcello Dell'Utri, accusato 7 anni fa di associazione mafiosa

Il Senatore di Forza Italia è accusato di essere stato l'ambasciatore di Cosa nostra nell'imprenditoria milanese negli anni '70

02 dicembre 2004

Palermo. 29 novembre 2004 - Il senatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, è ottimista e si aspetta l'assoluzione dall'accusa di concorso in associazione mafiosa.
I giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo hanno ascoltato per più di un'ora le dichiarazioni spontanee di Dell'Utri, nell'ultima udienza del processo al senatore che si è tenuta nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo.
''Ho vissuto questa vicenda giudiziaria - afferma il parlamentare durante una pausa - come un malato convive con la sua malattia, che può essere curata. Sono fiducioso in questi giudici - aggiunge - e sono certo dell'assoluzione, perché non so proprio a cosa si possono aggrappare per condannarmi. Se poi dovesse arrivare la condanna, c'è sempre l'appello''.

Marcello Dell'Utri ha detto ai giornalisti che senza questo ''intoppo'' processuale, si sarebbe dedicato alla politica. ''Ma questa vicenda - spiega il senatore - mi ha permesso di dedicarmi a molte altre cose, soprattutto culturali, facendomi riscoprire tanti aspetti della vita che non conoscevo''. ''Il processo - ha spiegato il parlamentare - mi ha impedito di fare tante cose. Potevo fare politica, ma non mi sentivo, anche igienicamente, di fare politica e poi l'indomani venirmi a difendere dalle accuse di mafia''.
Commentando la presenza in aula dei due figli, per la prima volta da quando è iniziato il processo, Dell'Utri dice: ''Sono venuti contro la mia volontà. Quando la vicenda giudiziaria è iniziata loro erano molto piccoli. Adesso sono qui per starmi accanto''.
Rispondendo a chi gli chiede cosa ne pensa il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dice: ''Siamo molto amici, ci sentiamo spesso, ma anche lui ha i suoi guai. Lui è una persona che dorme quattro ore a notte e proprio per questo è diventato un grande uomo, capace di fare tante cose, io invece ho bisogno di almeno otto ore a notte''.
Poi una stoccata ai pm: ''Il colpo di scena finale - afferma Dell'Utri - è veramente demenziale. Se si pensa che io possa avere costretto, come dicono i magistrati cambiando quasi nel finale il capo di imputazione, Silvio Berlusconi a creare Forza Italia per metterla nelle mani di Cosa nostra. La storia è diversa, e i fatti lo dimostrano''.

In un'ora e un quarto di dichiarazioni Dell'Utri ha ripercorso la sua vita personale, professionale e politica vissuta accanto all'amico Berlusconi. Ha ricordato gli anni dell'università alla Statale di Milano, dove conobbe negli anni Sessanta Berlusconi, la cui amicizia è andata avanti negli anni, fino a oggi. Ha ricostruito la discesa in campo di Berlusconi e descritto i retroscena della nascita di Forza Italia. Alla fine ha ricordato che nel '96 si è candidato non solo per difendersi dalle accuse, ma anche perché già nel 1994 era stato ''un fesso a non candidarsi''. Poi ha ringraziato la sua famiglia, gli amici ''vicini, soprattutto adesso'', e ai giudici ha chiesto di potere ''essere restituito alla famiglia e alla politica''.

L'avvocato della difesa Enzo Trantino, concludendo la sua replica, ha chiesto ai giudici l'assoluzione del parlamentare ''perché i fatti non sussistono''.
Il processo, che vede imputato anche Gaetano Cinà, un commerciante palermitano amico di Dell'Utri, accusato di associazione mafiosa, è l'ultimo dei grandi processi di mafia e politica che è stato istruito dalla procura di Palermo.
Il dibattimento è iniziato il 5 novembre del 1997. Il collegio del tribunale è presieduto da Leonardo Guarnotta, a latere Gabriella Di Marco e Giuseppe Sgadari. I pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo hanno chiesto la condanna a 11 anni di Dell'Utri: è accusato di essere stato l'ambasciatore di Cosa nostra nell'imprenditoria milanese negli anni Settanta.


Il processo a Marcello Dell'Utri

di Enrico Bellavia e Salvo Palazzolo (la Repubblica)

Sei anni di dibattimento, 256 udienze, 270 testi (di cui 40 collaboratori di giustizia), migliaia di atti, centinaia di intercettazioni ambientali e telefoniche . Ecco il processo al senatore Marcello Dell'Utri, accusato dalla Procura di Palermo di concorso esterno in associazione mafiosa. L'8 giugno scorso, dopo 18 udienze di requisitoria, i Marcello Dell'Utri insieme al suo collega Cesare Previti al Senatopubblici ministeri Domenico Gozzo e Antonio Ingroia hanno chiesto alla seconda sezione del tribunale presieduta da Leonardo Guarontta la condanna di Dell'Utri a 11 anni di reclusione. Chiesta la condanna, a 9 anni, anche per l'altro imputato del processo, il presunto boss Gaetano Cinà, ritenuto il tramite fra Dell'Utri e Cosa nostra. "Prove schiaccianti e sovrabbondanti", ha sostenuto la Procura. Gli avvocati del senatore di Forza Italia hanno replicato in 25 udienze: "Accuse senza riscontri - questa la tesi principale - frutto dell'invenzione dei pentiti".

Ecco il processo a Marcello Dell'Utri, accusato di essere "l'ambasciatore di Cosa Nostra, il garante degli interessi mafiosi, all'interno di uno dei gruppi economico-finanziari più potenti del paese, la Fininvest". Il senatore, di origini palermitane, deve difendersi dall'imputazione di essere stato a disposizione dei mafiosi "nell'arco di un trentennio, a partire dagli anni '70 fino ai giorni nostri, così fornendo un contributo più che significativo al consolidamento e al rafforzamento di Cosa Nostra. Ha favorito ma è stato anche favorito".

L'impalcatura del processo, così come delineata dalla Procura di Palermo:
 - Dell'Utri artefice nel 1974 dell'assunzione del boss Vittorio Mangano nella villa di Silvio Berlusconi, ufficialmente come fattore, in realtà per proteggere Berlusconi, che temeva l'Anonima sequestri.
- Dell'Utri organizzatore nel 1974 di un incontro "diretto e personale" fra Berlusconi e alcuni mafiosi dell'epoca come Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Gaetano Cinà e Francesco Di Carlo, quest'ultimo oggi collaboratore di giustizia.
- Dell'Utri e Cinà accusati di svolgere "attività di ausilio, sostegno e rappresentanza degli interessi di Cosa Nostra presso il gruppo imprenditoriale che fa capo a Berlusconi".
- E' il 1977: Dell'Utri ritenuto rappresentante degli interessi mafiosi di Stefano Bontade e Mimmo Teresi all'interno di un altro gruppo imprenditoriale milanese, quello di Filippo Alberto Rapisarda, dove viene assunto proprio grazie al decisivo intervento di Cinà.
- 1979. Dopo il rientro nel gruppo Berlusconi, Dell'Utri è ritenuto dalla Procura ancora l'intermediario con Cosa nostra per lo sbarco delle antenne milanesi in Sicilia. Sarebbe stato Dell'Utri a consegnare a Cinà le somme di denaro necessarie per ottenere la protezione degli interessi televisivi del gruppo in Sicilia.
- Nel 1981, dopo la guerra di mafia e l'assassinio di Stefano Bontade, il rapporto fra Dell'Utri e il clan Pullara, mediato dallo stalliere Mangano, sarebbe stato assunto personalmente da Totò Riina, per il tramite dell'asse Ganci-famiglia Malaspina-Gaetano Cinà. Dicono i pentiti che l'interesse di Riina era quello di attivare, tramite Dell'Utri e Berlusconi, un possibile collegamento con il Psi di Craxi, "per costituire un referente politico alternativo alla Democrazia cristiana".

-
1990. Cosa nostra vuole ristrutturare i suoi rapporti con la politica. In questo contesto, secondo l'accusa, matura la strategia degli attentati agli stabilimenti Standa del catanese: Dell'Utri sarebbe intervenuto in prima persona per porre fine alle intimidazioni e avrebbe incontrato il capomafia Nitto Santapaola. In quella occasione, avrebbe offerto nuove garanzie (non solo finanziarie, ma anche politiche) all'associazione mafiosa. E gli attentati finirono.
- I rapporti e la frequentazione fra Dell'Utri e Mangano sarebbero proseguiti anche negli anni successivi, sino alla metà degli anni '90, quando il nuovo impegno di Dell'Utri in politica lo rende tramite altrettanto prezioso per la realizzazione degli interessi di Cosa Nostra "a tutto campo". L'ultimo pentito che ha accusato Dell'Utri è stato Antonino Giuffrè: "Il senatore di Forza Italia - ha detto l'ex padrino della Cupola - fu protagonista della trattativa politica messa in campo da Cosa nostra dopo le stragi Falcone-Borsellino". Così i boss avrebbero deciso di sostenere elettoralmente Forza Italia.

"Nessuno può validamente sostenere che questo dibattimento sia in realtà un processo al presidente Berlusconi", hanno detto i pubblici ministeri: "Certo, non possiamo nascondere il nostro rammarico, un rammarico che dovrebbe essere condiviso da tutte le parti processuali, per un'occasione mancata". Il 26 novembre di due anni fa, il tribunale di Palermo si recò a Palazzo Chigi per interrogare il presidente del Consiglio: "Ci attendevamo - dicono Gozzo e Ingoia - che il presidente Berlusconi desse il suo contributo di verità per chiarire alcuni "buchi neri" (i "buchi neri" sull'assunzione e l'allontanamento di Mangano, sui rapporti con Dell'Utri, su certi anomali "movimenti di denaro" nelle casse delle holding alle origini del gruppo Fininvest, etc.)". Ma Berlusconi, imputato di reato collegato (le imputazioni di concorso esterno e riciclaggio sono state già archiviate per cinque volte), si avvalse della facoltà di non rispondere.

Per il senatore di Forza Italia, un pool di sei avvocati: Enzo Trantino, Roberto Tricoli, Giuseppe Di Peri, Francesco Bertorotta, Pietro Federico ed Enrico Trantino. Le loro critiche, principalmente, nei confronti del primo pentito che ha accusato Dell'Utri, nel '94: Salvatore Cancemi. "Che strana coincidenza - ha ribadito il pool di legali - proprio in coincidenza con la nascita di Forza Italia".

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02 dicembre 2004
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