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La storia dell'Igroia arancione

De Magistris incorona Ingroia premier del Quarto polo, ma lui rifiuta: "Grazie, ma non indosso casacche"

15 dicembre 2012

"Nessuna pregiudiziale contro il centrosinistra, ma se il Pd continua su questa strada è anni luce lontano da me. Ad oggi immagino un Quarto Polo arancione con Ingroia candidato premier. Una lista nata dal basso composta da persone dalla 'schiena dritta', un qualcosa di innovativo capace non solo di scassare ma di costruire perché siamo la maggioranza del Paese".
Per il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris - intervistato da Micromega on line - è finito il tempo di tifare, "dobbiamo metterci tutti in gioco per un reale cambiamento nel Paese".
E oggi sarà in piazza Farnese a Roma per la manifestazione organizzata da Salvatore Borsellino in difesa della procura di Palermo.
La lista arancione sarà la lista dei pm? "Assolutamente no, ci sono magistrati e magistrati. Domani sarò in piazza per difendere la Costituzione e la giustizia e quei pm che si stanno battendo per la verità su una delle stagioni più buie del nostro Paese. Ancora una volta Salvatore Borsellino con le Agende Rosse ha chiamato la parte più impegnata dell'Italia, ha smosso le coscienze democratiche e l'indifferenza di molti. Vorrei immaginare un prossimo Parlamento in cui si farà senatore a vita uno come Borsellino e non Andreotti: sarebbe un bel cambiamento per lo Stato e la politica".

Poche ore dopo però è arrivata la doccia fredda sul sindaco partenopeo. Gliel'ha procurata proprio Antonio Ingroia: "Ringrazio Luigi De Magistris per il suo apprezzamento e sostegno, ma correre troppo non è mai consigliabile. Io non vesto toghe o casacche colorate, né rosse né arancioni. L'ho detto e lo ribadisco. Sono solo un cittadino e un magistrato impegnato da anni per difendere la Costituzione. Farlo dall'Italia o dal Guatemala (dove il magistrato si è trasferito temporaneamente per contrastare il traffico internazionale di droga,ndr) poco importa".
Ingroia, comunque, non rinuncia al suo impegno politico e lancia un ultimo appello a Bersani: vinci le elezioni contro la "vecchia e nefasta conoscenza degli italiani" (che è Silvio Berlusconi) e cancella, una volta eletto tutte le "leggi ad personam" sulla giustizia.
La lettera aperta che il magistrato scrive dal Guatemala al segretario Pd (pubblicata anche questa sul blog di Micromega) fa andare su tutte le furie il Pdl. "La lettera a Bersani è una fotografia senza veli del male oscuro che affligge parte della giustizia italiana", commenta Osvaldo Napoli (Pdl). Quello che ha scritto, interviene Luigi Vitali (Pdl), "lascia interdetti".

Ma l'ex Pm di Palermo, tra i protagonisti dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, era già stato oggetto di commenti da parte del vicepresidente del Csm Michele Vietti. "Non c'è dubbio che se i parametri di comportamento cui deve ispirarsi un magistrato sono quelli, a cui si è più volte richiamato il presidente della Repubblica, cioè evitare sovraesposizioni mediatiche e di sentirsi investiti da improprie missioni, credo che la valutazione ciascuno sia in grado di farla da sè", aveva detto Vietti. Quindi aveva sottolineato come non potesse dire di più non solo perchè alla guida dell' organo di autogoverno della magistratura, ma anche perchè è "presidente della sua sezione disciplinare".

Ingroia, nella sua lettera a Bersani, sveste i panni del magistrato per indossare sempre più quelli del politico. Dopo il "Caro Bersani" di rito, infatti, definisce il Cavaliere "l'artefice del disastro politico-istituzionale ed etico-morale in cui è precipitato il Paese" e chiede un impegno al segretario Pd: una volta vinte le elezioni si devono cancellare le leggi ad personam sulla giustizia. Si devono fare cioè dei "provvedimenti urgenti" contro "l'intollerabile legislazione di privilegio che ha creato praterie di impunità per i potenti, ma soprattutto ha mortificato il principio di eguaglianza". E si devono confiscare i patrimoni illeciti. Il centrosinistra, stavolta, non deve perdere l'occasione, insiste. Non deve più "deludere" come in passato "su questo terreno cruciale".
"Ma può un magistrato rivolgersi in questi termini a un cittadino? - chiede il socialista Riccardo Nencini - esiste ancora la separazione dei poteri tra giudiziario e legislativo? Dov'è finita la deontologia professionale?".
"Nell'appello di Ingroia - insiste Osvalndo Napoli - colpisce la violenza di un linguaggio che mal si concilia con la sua funzione giudiziaria e il suo ruolo".
In difesa di Ingroia si schiera il Pdci. "Ingroia - afferma Orazio Licandro - è un magistrato valoroso, più volte minacciato, sempre a rischio, ed ha tutto il diritto-dovere di esprimersi da cittadino. Chi conosce la sua storia dovrebbe solo ascoltare con rispetto".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno, LiveSicilia.it]

 

 

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15 dicembre 2012
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