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Nel Mare Nostrum, l'Europa dei buoni propositi

A conclusione della Conferenza Euromediterranea di Palermo, la scoperta dei ritardi politici

29 novembre 2003
I rappresentanti delle Regioni e delle autorità territoriali del partenariato euromediterraneo, riuniti nella Conferenza Interistituzionale Euromediterranea di Palermo il 27 e 28 novembre 2003, hanno espresso la volontà di partecipare alla realizzazione del Processo di Barcellona, contribuendo in maniera attiva e costruttiva al suo rilancio nella prospettiva dell' "Europa allargata". Chi ha partrecipato, inoltre, ritiene che la Riunione interministeriale di Napoli del 2-3 dicembre 2003 dovrà essere l'occasione per affermare il ruolo delle Regioni e delle Autorità territoriali Euromediterranee nell'attuazione del Processo di Barcellona.

Questa la chiara volontà dei Paesi membri, dei Paesi dell' "Europa allargata", ma che devono fare i conti  con dei problemi di fondo non di semplice risoluzione.
"La politica europea sul Mediterraneo non cammina. Perché c'è la guerra civile in Algeria, perché c'è la guerra in Palestina, perché ci sono l'integralismo e il terrorismo. Perché gli Stati sull'altra sponda non riescono a mettersi d'accordo e a mettersi insieme dandoci un interlocutore unico. E non ci riescono per le ragioni che ho detto prima".
Queste sono state le dichiarazioni di ieri, del ministro per le Politiche comunitarie Rocco Buttiglione, a margine della Conferenza interistituzionale sul Mediterraneo.

Buttiglione ha aggiunto che "E' necessario, tuttavia, da parte nostra uno sforzo nuovo. E' necessario contrastare le tentazioni di dimenticare il Mediterraneo, perché è qui che la guerra e la pace si decideranno. Se noi vogliamo la pace dobbiamo fare un grande sforzo di collaborazione. Magari cominciando dalle realtà dove questo è più facile e cioè quello del Mediterreaneo occidentale".
Buttiglione ha sottolineato che "la soglia del 3% non va modificata, il patto di stabilità al suo interno ha margini sufficienti di elasticità, bisogna usarli. Dissi per tempo che sarebbe stato meglio darsi un regolamento sul modo di usare questi margini e feci alcune proposte, ma mi hanno attaccato tutti e non è successo nulla".

Insomma un chiaro sollecito a quelli che sono le proprie interpretazioni degli ultimi punti del documento di conclusione della Conferenza, dove sono esplicitate le richieste alla partecipazione ed alla più stretta associazione degli enti locali e regionali al Processo di Barcellona, in quanto soggetti privilegiati per la realizzazione di uno spazio di pace, attraverso la creazione di un organismo di rappresentanza regionale e locale all'interno del quadro istituzionale euromediterraneo. Del riconoscimento al Mediterraneo, nella programmazione dei mezzi finanziari assegnati alla politica di prossimità, una quota proporzionale al suo peso demografico rispetto all'insieme dei paesi esterni alla UE e corrispondente alla sua importanza nella strategia del dialogo interculturale. Di orientare le nuove procedure di programmazione e gestione dei programmi di "prossimità" in modo da garantire l'effettiva sussidiarietà attraverso la valorizzazione delle competenze delle Regioni e degli Organismi di governo locale, privilegiando lo strumento del partenariato territoriale. E di avviare immediatamente la programmazione di prossimità nel Mediterraneo, al livello dei Piani nazionali d'azione, con un organo di indirizzo che veda coinvolti la CE, i Partner del Processo di Barcellona e la rappresentanza degli organismi di governo territoriale nelle forme corrispondenti agli ordinamenti ed alle decisioni degli Stati, realizzando altresì, a tal fine, il collegamento normativo ed operativo di tutti gli strumenti finanziari coinvolti.

Il ministro ha infine ricordato che "anche Prodi disse qualcosa di analogo un anno fa, ma ha avuto una forte resistenza e si è tirato indietro". Per questi ritardi, secondo Buttiglione, "siamo arrivati impreparati al momento in cui l'interpretazione bisognava farla e nessuno ha chiari i criteri".
"E' stato necessario improvvisare - ha concluso il ministro - ma non dimentichiamo che il Governo italiano è alla presidenza dell'Ue da sei mesi, queste sono cose che si preparano con due anni di anticipo e da due anni era chiaro che questo momento sarebbe arrivato".

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29 novembre 2003
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