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Niente scorie in Basilicata, ma la minaccia non cessa

Nella lista dei paesi candidati a diventare pattumiera radioattiva, anche due comuni siciliani

28 novembre 2003
La Basilicata ha vinto la battaglia contro le scorie governative: il Consiglio dei Ministri ha eliminato il nome di Scanzano Jonico dal testo del decreto che sanciva la nascita, proprio nel comune lucano, della prima pattumiera nucleare nazionale.
Il Consiglio dei ministri ha infatti approvato l'emendamento al decreto sulle scorie nucleari. Il nuovo testo prevede invece che entro 18 mesi venga identificato un nuovo sito unico nazionale da scegliere da una rosa più ampia, circa una ventina di nomi possibili, da sottoporre per l'esame alla Conferenza Stato Regioni che sarà affidato ad una apposita Commissione tecnico-scientifica, alla quale prenderanno parte anche esponenti del mondo scientifico.
A Scanzano Jonico, intanto, sono subito cominciati i festeggiamenti.
Dopo due settimane di caos, mobilitazione, polemiche, voci e smentite, l’incubo di tanti è finito quando il Consiglio ha annunciato di "aver svolto ulteriori approfondimenti sulla questione dell'individuazione del sito più adatto alla sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi, convenendo di espungere dal testo del decreto-legge n.314 del 2003 il riferimento al comune di Scanzano Jonico".

Ma facciamo un passo indietro. Due settimane fa, il 13 novembre, il Consiglio dei Ministri aveva approvato un decreto che individuava a Scanzano Jonico il luogo dove accogliere le scorie nucleari accumulate dalla dismissione delle centrali italiane e da attività di ricerca.
Dalla Basilicata non si erano fatte attendere le proteste.
"Non ci faremo mettere i piedi in faccia", aveva replicato il sindaco di Scanzano, Mario Altieri (An), mentre il presidente della Regione, Filippo Bubbico, aveva scritto una lettera a Berlusconi, chiedendo la revoca del decreto o la sospensione di ogni esito operativo.
Cominciano così  le manifestazioni: iniziano i blocchi sulla statale jonica; poi il presidio dei pozzi della miniera di salgemma dove avrebbe dovuto essere realizzato il sito; anche i bambini di Scanzano e gli studenti di Policoro scendono in piazza e i commercianti chiudono i negozi in segno di protesta. Il 16 novembre diecimila persone in due cortei sulla Jonica, da Policoro e Scanzano confluiscono a "terzo Cavone": la statale viene bloccata per 25 chilometri. È la prima grande manifestazione.
E mentre la protesta si estende alla Puglia ed alla Calabria e a Roma fallisce il vertice di Palazzo Chigi indetto per fare chiarezza sulla vicenda, la situazione blocchi si fa sempre più pesante: viene occupata a Lauria la Salerno-Reggio Calabria e il mondo del lavoro scende in piazza: anche stavolta a sfilare sono in diecimila.

Il 19 novembre il consiglio regionale della Basilicata fa appello alla Corte Costituzionale, stabilisce che tutta la Regione è denuclearizzata e riclassifica il territorio di Scanzano a media sismicità. A questo punto il governo si dice "disponibile a modificare il decreto durante la discussione parlamentare, con la messa in sicurezza in loco dei depositi a maggior rischio, dove attualmente si trovano sul territorio nazionale, attraverso la costruzione di strutture per lo stoccaggio provvisorio delle scorie nucleari". Ma dal Mezzogiorno avvisano: "non siamo soddisfatti" e la mobilitazione continua.
Tra le polemiche sul coinvolgimento o meno del Sindaco di Scanzano nella decisione del Governo, parte la più grande manifestazione di tutti i tempi in Basilicata: in centomila sfilano da Policoro a Scanzano. E il 24 novembre, mentre le voci dei politici del sud si fanno più forti, la protesta arriva a Roma. Il giorno seguente si lavora a palazzo Chigi per una mediazione, ma il Ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, smentisce l’ipotesi di un ritiro del decreto e della conseguente cancellazione della città di Scanzano dal testo. Eppure oggi è stato proprio Matteoli a riconoscere l’effettiva carenza di informazione nella decisione presa dal Governo, della quale si è assunto, peraltro, tutta la responsabilità.
Ed anche se c’è chi, come Legambiente, chiede che il decreto sia interamente ritirato, ora non c’è più spazio per le polemiche. I cittadini lucani, nei presidi, festeggiano: hanno vinto la loro battaglia.

I lucani hanno vinto la loro battaglia, ma solo loro. Infatti come fa sapere il ministro per gli affari regionali, Enrico La Loggia, a margine della conferenza interistituzionale sul Mediterraneo in corso a Palermo "Tra i 42 siti esaminati prima della scelta di Scanzano ce n'era anche qualcuno siciliano, ma non sono preoccupato anche perché qualunque scelta passerà attraverso la consultazione con la Regione e gli Enti Locali". Il ministro conferma così le indiscrezioni che parlavano di Enna o Caltanissetta come siti alternativi. Il ministro ha aggiunto che "questa lista è ancora aperta" e che altri siti "potrebbero aggiungersi".
Quindi la battaglia si è vinta ma ciò non significa che sia stata vinta la guerra. Vero è che si tratta  solo di una voce, ma contro la possibilità che in Sicilia arrivino le scorie radioattive già si solleva un coro di no.

Il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro dice: "Che io sappia non ci sono siti siciliani all'attenzione del Consiglio dei ministri".
Il coordinatore regionale della Margherita, Franco Piro, ha chiarito che il suo partito si opporrà con fermezza ad una simile ipotesi ("dichiariamo fin da adesso che ad essa intendiamo opporci con tutte le nostre forze", ha detto). Sulla stessa lunghezza d'onda Leoluca Orlando, che ha avanzato qualche dubbio sul fatto che tutti i siti ritenuti idonei ad ospitare i depositi di stoccaggio siano stati individuati nel Meridione. Così come è avvenuto in Basilicata, anche la Coldiretti siciliana è pronta ad attivare ogni forma di protesta. Ammonizioni anche da Rifondazione comunista, da Sicilia 2010 e dall'Udc

I sindaci di Agira ed Assoro, i due comuni in provincia di Enna indicati come possibili siti per l'istallazione di depositi di scorie radioattive, comunque, voci o non voci, annunciano una mobilitazione generale.
Un no deciso allo stoccaggio nelle miniere di Assoro e Salinella, nei pressi di Agira, è stato espresso da Legambiente e dal sindaco di Enna Rino Ardica.
Le notizie, si sa, circolano, e quelle sull'idonietà delle miniere dismesse dell'Ennese hanno allarmato la popolazione. "Si manifesta l'assoluta opposizione dei cittadini, del consiglio comunale e mio personale al progetto di stoccare scorie radioattive nel nostro territorio - ha detto il sindaco di Agira Rosario Sanfilippo in un telegramma inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e a tutti deputati nazionali e regionali eletti in Sicilia - Ci si riserva ogni opportuno provvedimento giuridico e di lotta a tutela della salute dell' intero territorio già fortemente penalizzato dalle difficilissime condizioni socio-economiche".
A scendere in campo è pronto anche il sindaco di Assoro, Giuseppe Assennato mentre è chiara la presa di posizione del circolo aggirino di Legambiente. "Stiamo preparando una mobilitazione di massa - ha dichiarato il segretario Orazio Fontana - che coinvolga tutto il tessuto sociale, i sindacati, i partiti, le scuole e le amministrazioni comunali. Si sappia che nella malaugurata ipotesi di una scelta dell' ennese per lo stoccaggio delle scorie reagiremo come gli amici lucani. Una mobilitazione che si muoverà anche se il governo dovesse scegliere il sito di Resuttano nel nisseno".

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28 novembre 2003
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