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Perdono, giudizio e comprensione. Dopo la morte di Piergiorgio Welby, quello che rimane ai vivi

27 dicembre 2006

''Il mio regalo a Piero? Quello di morire, di smettere di soffrire. Non aveva più sogni e desideri, andarsene senza dolore era l'unica cosa che voleva e potevo dargli. Anche se questo per me ha significato sentirmi a lungo come nel braccio della morte''.
Inizia così l'intervista, pubblicata su Repubblica, che Mina Welby (''l'asburgica'' come la chiamava Piergiorgio per il suo carattere di ferro e la dolcezza) ha rilasciato a Caterina Pasolini.
Un regalo di Natale sereno, e senza lacrime, come gli aveva promesso.

Mina Welby ha dunque donato col cuore al proprio compagno, come con lo stesso sentimento ha perdonato chi (il Vicariato di Roma) ha rifiutato di celebrare i funerali del suo amato in chiesa. Un duro colpo per le due famiglie cattoliche, sia quella di Welby che quella della moglie.
Dopo il primo momento di disorientamento, e anche di indignazione, Mina ha spiegato di aver ''perdonato'' chi ha impedito il funerale. ''Lo so che Gesù ha dato potere alla Chiesa di perdonare e non perdonare, ma credo anche che le misure Sue sono differenti da quelle degli uomini di Chiesa'', aveva detto Mina.
A volere la cerimonia in chiesa erano state proprio la moglie e soprattutto la madre di Piergiorgio Welby, la più cattolica della famiglia. Niente da fare, ed è andata a finire con una cerimonia nella piazza davanti alla chiesa, un migliaio di persone a gridare ''Vergogna'' quando le campane - per caso - hanno iniziato a suonare, la stessa Mina e i leader radicali a parlare su un palco, due suore ad abbracciare la bara, furtive come due ladre. Poi la bara è stata riportata all'obitorio, dove la salma verrà cremata non si sa quando però. Bisogna attendere i risultati ufficiali dell'autopsia.

Mario Riccio, il medico anestesista che ha staccato a Welby la spina del respiratore, sedandolo per evitare che soffrisse, incontrerà oggi il presidente dell'Ordine dei medici per spiegare che cosa è accaduto esattamente a casa Welby. Nei giorni seguenti si riunirà il consiglio dell'ordine per decidere eventuali provvedimenti disciplinari. Un incontro inevitabile, come inevitabile era stato l'interrogatorio da parte della Digos avvenuto venerdì scorso. ''E' questo un atto dovuto ma anche doveroso - ha detto Andrea Bianchi, presidente dell'Ordine dei medici - visto che tutta l'Italia, e qualcuno a sproposito, discute di questo caso''.
Bianchi dovrà decidere se archiviare la pratica oppure rinviare Riccio alla commissione disciplinare. Pare che quest'ultima ipotesi sia la più probabile, non perché l'Ordine abbia rilevato qualche infrazione al codice etico e deontologico, quanto per ''rendere il più aperta e possibile ogni decisione''.
Quel che è certo è che al momento l'anestesista sul fronte penale non risulta indagato e, anzi, la pratica potrebbe essere presto archiviata. Infatti, si è venuto a sapere che la procura di Roma sarebbe pronta a chiedere l'archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Piergiorgio Welby. Questo avverrebbe nel caso in cui l'autopsia confermasse che il decesso è avvenuto per arresto cardiocircolatorio e che Welby non ha sofferto perché sedato.
Dalla parte di Riccio si è schierato Luciano Gattinoni, presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. ''Quando un paziente ha un tumore e va operato - sostiene - il medico gli chiede il consenso informato all'intervento. Se non è d'accordo non se ne fa nulla. Non intraprendere una terapia o interromperla sono due atti eticamente equivalenti''.

 

 

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27 dicembre 2006
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