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RIEN NE VA PLUS

A Taormina riaprirà il casinò. Si realizza finalmente il sogno del barone Domenico Guarneschi, detto don Mimì

08 aprile 2004

E' quasi certo che Taormina, la città più glamour e chic della Sicilia, dopo Pasqua potrà rivedere aperto il proprio casinò. Sembra, infatti che la Regione siciliana sia pronta a varare una legge per autorizzarne la riapertura.

La IV Commissione legislativa dell'Ars, discuterà e approverà entro aprile un disegno di legge che sarà il frutto dell’integrazione di quattro proposte che da qualche tempo sono state presentate, disegno di legge integrato, tra l’altro, già pronto.
Qualche perplessità rimane, comunque, sul percorso da seguire, ossia quello di chiedere all'Ars di approvare una legge-voto che dovrà poi essere trasmessa al Parlamento nazionale per ottenere la deroga al codice penale che vieta il gioco d' azzardo, oppure varare una legge ordinaria che impegna la Regione a prendere posizione sulla questione.
Questioni che in ogni caso verranno sicuramente risolte nel giro di qualche settimana.

C’è da sapere che il casinò di Taormina fù aperto una prima volta nel 1924 per cessare la sua attività quattro anni dopo. Nel 1963 il barone Domenico Guarnaschelli riaprì la casa da gioco, che fu definitivamente chiusa dalla polizia nel 1965, "per regioni morali, dato che si trattava di gioco d'azzardo", mentre in Italia funzionavano e continuano a funzionare, senza problemi di sorta, diversi altri Casinò: due a Venezia, uno a San Remo, uno a Saint Vincent, a Rimini, a Montecatini Terme e a Campione d'Italia.
Infatti quello del casinò a Taormina è un sogno che dura da ottant' anni, sogno segnato da una vera e propria battaglia che va avanti da quel lontano 1924 quando, per la prima volta, la perla dello Jonio ha ospitato i tavoli verdi della roulette, poi chiusi.

In piena bella epoque, la bella cittadina in provincia di Messina, già allora meta prediletta del jet-set internazionale, incassò il divieto, senza mai rassegnarsi a quella che ha sempre considerato "un'autentica ingiustizia".
Taormina allora attraversò tutto il ventennio fascista, seconda guerra mondiale e dopoguerra compreso, senza che mai si riparlasse della riapertura del casinò. Si dovette aspettare il boom economico, i favolosi anni '60, perché un aristocratico del luogo, il sopracitato Domenico Guarnaschelli, blasonato e spavaldo, ci riprovasse sfidando la burocrazia con una licenza ottenuta anni prima dal Governo fascista per Tripoli.
Sostenendo di essere abilitato all'esercizio del gioco d' azzardo "sul territorio nazionale", in quanto titolare di una licenza valida per una "colonia italiana", l’audace don Mimì, nel 1963 aprì i saloni della panoramica villa "Mon Repos", sul golfo di Taormina, per fondare una casa da gioco che in breve attirò a frotte indigeni e turisti attorno ai tavoli verdi del black-jack, del pocker e della roulette.
Ma i frutti dell'astuzia, si raccolsero per un periodo assai breve, come in fatti la ruota girò solo per due anni, fino al '65, quando la polizia, accusando il barone di "gioco d'azzardo" ordinò la chiusura della villa e sequestrò il casinò mettendo i sigilli alle sale da gioco, che ancora oggi rimangono chiuse.

Il barone Domenico Guarnaschelli, gestore di una fiorente casa da gioco a Tripoli dal '34 al '37, quando la Libia era considerata una "colonia italiana", appellandosi alla sua vecchia licenza presentò ricorsi, protestò, gridò al sopruso e infine giurò che avrebbe fatto della riapertura del casinò a Taormina la ragione della propria vita. "Non rinuncerò - amava ripetere a tutti - Lo Stato non può calpestare i miei diritti!".

Ci vollero altri trent' anni, però, affinché don Mimì riuscisse, a metà degli anni Novanta, ad ottenere una licenza comunale, dall'allora sindaco di Letojanni Eugenio Bonsignore, per l'apertura di una sala da gioco nel piccolo comune confinante con Taormina, nei locali dell' Opera ex Omni.
Anche stavolta la "Legge Italiana" fermò il suo progetto, ri-bollando il tutto come "illegale". L' 8 maggio del 1997, l’ormai plurinovantenne don Mimì, salutò la vita terrena senza avere potuto realizzare il suo "sogno d’azzardo". Anche dopo la sua morte, però, gli strascichi giudiziari legati alla tentata riapertura della casa da gioco nella zona continuarono.
Oggi, in questo 2004, sembra che il Barone Mimì Guarnaschelli possa finalmente godersi un eterno sonno tranquillo, senza il bisogno di diventare uno spettro che nelle notti siciliane, calde e chiare, gira la roulette e tira i dadi gridando: ''Nenti vali chiù''.

N.d. r. : le notizie storiche sul casinò di Taormina sono state citate dal quotidiano "La Sicilia"

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08 aprile 2004
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