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Un'altra ''Strada'' verso la speranza

In Iraq, per la liberazione dei tre italiani, adesso ci prova Emergency, senza l'aiuto del governo

06 maggio 2004

Il silenzio stampa sugli "ancora" ostaggi italiani, chiesto in questi giorni dal Governo italiano ha funzionato, e nessuna notizia sostanzialmente nuova è arrivata nemmeno da quelle emittenti o quotidiani che non hanno accolto l'invito al silenzio stampa.
L'unica informazione che abbiamo ricevuto in qualche maniera, e che si è adesso svuotata di significato, è l'assicurazione dal Governo che ''si sta facendo tutto il possibile per far sì che avvenga la liberazione''.

Si sà inoltre che le trattative del Sismi hanno fatto un clamoroso buco nell'acqua (sono molti a credere che la scelta governativa della censura televisiva sia stata fatta per nascondere il fallimento del Sismi, ndr) e che a fare un tentativo ci sta provando Gino Strada con la sua Emergency.

E' questa un'altra speranza di salvare la vita di Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio, i tre addetti alla sicurezza sequestrati in Iraq nei giorni di Pasqua.
A cercare un contatto con i sequestratori questa volta non è lo stato, ma  un prestigioso esponente dell'Italia che si è opposta all'occupazione militare dell'Iraq, il volto più noto di quel "popolo della pace" che ha riempito le piazze del nostro paese.
Proprio due giorni fa Gino Strada ha lasciato il suo ospedale di Kabul per andare ad Amman. Nella capitale giordana, il chirurgo e fondatore di Emergency ha incontrato Abduljabbar Al Kubaisi, l'ex dirigente del partito Baath oggi a capo dell'Alleanza patriottica irachena. Da lui, Gino Strada insieme a Maso Notariani, altro esponente dell'associazione umanitaria sono stati accompagnati a Baghdad.
Una speranza, quindi, che ha un nome e un cognome e che ha, a detta di Al Kubaisi, le giuste credenziali per avere consegnati gli ostaggi.

"Emergency – ha fatto sapere la presidente di Emergency Teresa Sarti, moglie di Strada - non ha preso alcun contatto con la Farnesina, né con le famiglie dei tre italiani. Ci siamo mossi nella più completa autonomia perché ci è stato spiegato in modo chiaro che non c'era alcuna disponibilità a discutere o a trattare con chi fosse legato al governo di Roma, che ha mandato in Iraq truppe di occupazione". Questo discorso vale, com'è noto, anche per la Croce rossa italiana, legata a doppio filo al governo e coprotagonista delle fallite trattative per il rilascio degli ostaggi.
Ad Amman il dirigente iracheno ha ribadito il suo ottimismo a Gino Strada. Al Kubaisi afferma di non avere rapporti diretti con i sequestratori ma crede che il chirurgo di Emergency saprà chiarire agli ulteriori mediatori, e attraverso loro a chi ha in mano la vita di Agliana, Cupertino e Stefio, che quei tre non sono affatto i responsabili del disastro iracheno, né della partecipazione italiana all'occupazione.

Questo tentativo è considerato da Emergency un ''esclusivo impegno umanitario per aiutare persone in pericolo''. "Contatti in corso - precisa al momento Emergency - sono ancora lontani da coloro che detengono gli ostaggi''.
''La circostanza che Emergency sia conosciuta in Iraq, dove è presente dal 1995 - afferma il comunicato diffuso in Italia - ha fatto ritenere possibili azioni di qualche utilità per favorire una soluzione positiva della questione degli ostaggi italiani. Attraverso cittadini iracheni certamente non coinvolti nel sequestro, stiamo cercando di far giungere notizia della nostra disponibilità a chi detiene i nostri concittadini. A questo scopo ci è parsa necessaria una presenza in loco. I primi contatti, lontani ancora da coloro che detengono gli ostaggi, sono stati possibili nei giorni scorsi anche grazie al riserbo mantenuto, in particolare, da appartenenti al movimento per la pace che erano informati del tentativo in corso''.

Il personaggio che ha indicato a Gino Strada la via di Baghdad, vale la pena di ricordarlo, è solo omonimo dello sceicco Abdel Salam Al Kubaisi, leader religioso e membro del consiglio degli Ulema, che era stato il mediatore decisivo per la liberazione degli ostaggi giapponesi.
A quest'ultimo, raffinato teologo e personaggio diversissimo dal primo, si erano rivolte le autorità italiane e la Croce rossa, ma anche alcune organizzazioni non governative che nei giorni scorsi avevano cercato di fare qualcosa come Emergency. L'intervento degli Ulema, però, questa volta non è stato risolutivo. E per il servizio segreto militare sarebbe un terribile smacco se la mediazione decisiva arrivasse ora dall'altro Al Kubaisi, quello che sta aiutando Strada a cercare un canale di comunicazione con i sequestratori.

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06 maggio 2004
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