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Un progetto per salvare il patrimonio di biodiversità dei vitigni siciliani

La Regione Sicilia contribuirà alla valorizzazione dei vistigni autoctoni

05 novembre 2003
Alla vigilia del giorno del novello, il "vino non vino" inventato, per così dire, dai francesi, e che in Italia ha visto aumentare vertiginosamente in pochi anni la produzione, ritorniamo a parlare di vino e di vitivinicoltura  siciliana.  

La Sicilia con le sue numerose varietà di uva si conferma la "madre", nel panorama internazionale della vitivinicoltura, di tutti i vitigni esistenti al mondo. Un patrimonio di biodiversità su cui ha puntato gli occhi l'Assessorato regionale all'Agricoltura con il progetto "Selezione clonale e valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani" elaborato con i Dipartimenti Produzioni vegetali dell'Università di Milano e Colture arboree dell'Ateneo di Palermo, il Coreras, l'Istituto regionale Vite e Vino.

Alcuni vitigni sono famosi ed apprezzati in tutto il mondo, come il Nero d'Avola ad esempio. Altri come il Nerello Mascalese, il Frappato, il Cataratto, l'Inzolia, il Grecanico e il Grillo - con cui i francesi del novello hanno iniziato a produrre un ottimo bianco - cominciano ad affermarsi sulla scena mondiale; altri ancora come la Malvasia di Lipari, il Carricante, il Moscato di Noto,  l'Albanello, la Minnella Bianca e il Damaschino (tra i bianchi), l'Alitante, la Minnella Nera, il Perricone o Pignatello o Piedierosso, il Nerello Cappuccio o Mantellata, il Nocera (tra i rossi) cercano di uscire, e sicuramente ce la faranno, dai propri ambiti territoriali e di farsi apprezzare come meritano. Infine, ci sono i vitigni "sporadici" o "reliquia" come Dunnuni, Maiulina, Maialina, Corinto Nero, Tintore, Zibibbo, Nivureddu, Regina dei Vigneti, Dolcetta, Precoce ed altri di cui bisogna evitare assolutamente che venga irrimediabilmente perso il loro patrimonio genetico. 

Per Giuseppe Castiglione, vicepresidente della Regione e assessore all'Agricoltura, "il processo di qualificazione della filiera vitivinicola non può escludere il recupero e la valorizzazione dei vitigni autoctoni, non tanto finalizzato alla creazione di musei di  genetica viticola ma in termini di utilizzazione enologica e prospettive di mercato".
"La Sicilia - ha detta del prof. Attilio Scienza dell'Università di Milano - ha dimostrato di saper fare grandi vini come in nessuna parte del  mondo utilizzando i vitigni Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Syrat, Merlot per assecondare le tendenze dei mercati. Ora bisogna andare oltre e rinnovare la vitivinicoltura dell'Isola valorizzando i vitigni autoctoni".

Il progetto della selezione clonale si protrarrà e si concluderà in un quinquennio con i vini già in bottiglia nel 2007. Gli obiettivi sono diversi. Intanto quello del  recupero e della valorizzazione dei vitigni autoctoni, ma anche lo studio e la valutazione della risposta agronomica, enologica e qualitativa di essi in relazione al "terroir" (termine per comprendere in maniera profonda i vini francesi, poiché sintetizza l'insieme del fattore climatico, il terreno ed il paesaggio).
La maniera per ottenere tutto ciò si potrà avere attraverso l'individuazione dei cloni degli stessi vitigni, la loro omologazione e iscrizione nelle liste delle varietà autorizzate. Infine, l'offerta ai vivaisti dei materiali di base per una moltiplicazione successiva.
Finora le UO (Unità operative) dell'Assessorato e le SOPAT (Sezioni operative periferiche dl assIstenza tecnica) dell'Istituto regionale Vite e Vino in ogni parte della Sicilia hanno raccolto 6.783 cloni, che saranno classificati e analizzati individuando i migliori per l'omologazione e la registrazione, con i quali si otterrà una vera e propria grande banca dati del materiale genetico della vitignicoltura siciliana, in grado di offrire un ventaglio molto ampio di scelte  per soddisfare il mercato.

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05 novembre 2003
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