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Via libera al Marsala della California. La ''vinopirateria'' avallata dalla Commissione Europa

La Coldiretti denuncia ''Verrebbe a perdersi l’identità eno-culturale dei Paesi italiani produttori di vino''

04 febbraio 2004
Via libera alla vendita del Brunello delle cantine argentine, dell'Amarone del Sud Africa, del Morellino neozelandese, del Vinsanto australiano, del Recioto cileno e del Gutturnio Made in Usa!
La Coldiretti lancia l'allarme dopo la proposta di regolamento della Commissione Europea che è già stata sottoposta al comitato tecnico di gestione e che potrebbe essere approvata nei prossimi giorni, nonostante il voto contrario dell'Italia e degli altri Paesi produttori.
Si tratta di una proposta di modifica del Regolamento N.753/02 sulle modalità di designazione, denominazione, presentazione e protezione dei vini che sarebbe dovuto entrare definitivamente in vigore il 1 febbraio 2004 e che riservava all'Italia la protezione nell'uso di 17 "menzioni" tradizionali nelle etichette dei vini, quali ad esempio Amarone, Brunello, Est! Est! Est!, Gutturnio, Lacryma Christi, Morellino, Recioto, Vino nobile e Vinsanto.
Nessuna "menzione" sarà invece più riservata all'Italia e ai Paesi dell'Unione Europea e potrà essere invece utilizzata anche per vini ottenuti in Paesi extracomunitari, purchè si attengano a determinati criteri.

La scelta è stata giustificata dalla volontà di favorire l'accordo sul commercio internazionale, ma, come ha denunciato la Coldiretti, rischia di rompere quel legame tra prodotti e territorio che rappresenta il vero valore aggiunto della vitivinicoltura italiana ed europea. La "menzione" - riferisce la Coldiretti - si usa infatti tradizionalmente per indicare vini caratterizzati da un preciso metodo di produzione, invecchiamento, qualità, colore o evento, ottenuti in un territorio strettamente connesso con la storia e la cultura del vino. Il passo indietro nella protezione di "menzioni" che rappresentano pezzi importanti della vitivinicoltura italiana ed europea apre dunque le porte al rischio della diffusione di imitazioni che si richiamano ai nostri vini di pregio senza avere nulla a che fare con la realtà produttiva nazionale.

Un vero e proprio regalo, sempre secondo la Coldiretti, alla "vinopirateria" internazionale, che già colpisce pesantemente le produzioni italiane di vino a denominazione di origine, determinando danni miliardari alle nostre esportazioni, che nel 2003 hanno segnato una pesante battuta d'arresto con un quantitativo in calo del 17% su base annua e una flessione del 2% in termini di incassi.
Secondo una indagine di Nomisma (società per azione che si occupa di economia applicata), solo negli Stati Uniti il mercato dei vini di imitazione del made in Italy è quasi uguale a quello delle nostre esportazioni: ciò sta a significare che una bottiglia su due è "falsa" e non è quindi difficile imbattersi in curiose bottiglie di Chianti, Sangiovese, Refosco e Barbera, Barolo e Super Piemontese prodotti in California, ma anche Moscato e Malvasia con "DOC" californiane Napa Valley o Sonoma County. In realtà i Paesi dove è possibile spacciare vini locali come italiani sono numerosi. Ad essere più imitati sono il Chianti, il Lambrusco, il Marsala e la Grappa.

L'Italia è il secondo Paese produttore di vino in Europa e può contare su un patrimonio di 427 vini Docg, Doc e Igt, che rappresentano il 60% della produzione nazionale di vino che genera un fatturato complessivo di circa 8,5 miliardi di Euro e un valore delle esportazioni superiore ai 2,5 miliardi di Euro, la principale voce dell'export agroalimentare nazionale.
La lotta all'agropirateria è un passaggio fondamentale del negoziato del WTO per garantire un commercio leale e salvaguardare le produzioni tradizionali dalle contraffazioni internazionali, a vantaggio dello sviluppo locale di tutti i Paesi. L'attenzione nei confronti della tutela dei prodotti alimentari tipici minacciati dalle imitazioni – ha concluso, dunque, la Coldiretti - è una scelta di trasparenza di mercato che per l'Europa e l'Italia significa anche una importante ricaduta economica ed occupazionale.

Fonte: Aise

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04 febbraio 2004
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