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Per attirare i turisti cinesi in Sicilia...

Nell'Isola arriva soltanto lo 0,00016% dei turisti cinesi: 21mila arrivi sui 128 milioni in viaggio. Allo studio della Regione le strategie turistiche più adatte

10 maggio 2018
Per attirare i turisti cinesi in Sicilia...

[Articolo di Mario Barresi - La Sicilia.it] - È come un gioco delle scatole cinesi. Appunto. I dati forniti all'assemblea nazionale di Federalberghi confermano un flusso turistico internazionale che parte sempre più dalla Cina con furore: in 129 milioni, nel 2017, hanno girato il mondo. Di questi soltanto il 10% ha scelto come destinazione l'Europa, dove le mete preferite sono Francia e Germania. La quota di presenze in Italia è di appena 1,5 milioni. L'ultima scatola del gioco è minuscola: la Sicilia. Dove l'anno scorso sono arrivati appena 21.061 turisti cinesi. Ovvero: lo 0,00016%. Sedici ogni diecimila. Una goccia nell'oceano giallo. L'Isola, nel suo piccolissimo, cresce: +31,7% di arrivi e + 37,2 di presenze complessive (34.932, quindi con permanenza media di 1,65 giorni) rispetto al 2016.
Micro-curiosità: Catania (leggasi l'Etna) batte Messina (alias Taormina) 6.355 a 4.978 nel derby fra le province più gettonate; al terzo posto Palermo con 4.978 arrivi nel 2017.

Fin qui i numeri. Modestissimi, rispetto a un mercato enorme dal punto di vista quantitativo (la stima fra cinque anni è di 700 milioni di cinesi con la valigia), ma anche qualitativo, visto che il dossier di Federalberghi parla di big spender, fra i nuovi ricchi con gli occhi a mandorla, capaci di lasciare fino a 1.600 euro al giorno fra shopping e enogastronomia di qualità.
Ora, non è che da un giorno all'altro si può fare concorrenza a Parigi e Berlino, né sovvertire un luogo comune come l'equazione cinese per la quale l'Italia corrisponde a Roma, Venezia e Firenze. Eppure bisogna dare atto all'assessore regionale al Turismo che la conquista della Cina è stato un suo pallino dal giorno dell'insediamento. «Sin dall'inizio, di concerto col presidente Musumeci, ci siamo concentrati su questo mercato, consapevoli che la Sicilia è fin qui riuscita a catturarne solo le briciole». Ci sono state alcune fortunate coincidenza, eppure Sandro Pappalardo è riuscito a essere al posto giusto nel momento giusto. A Venezia, ad esempio, lo scorso gennaio, l'assessore ha avviato «ottime interlocuzioni con istituzioni, operatori turistici e media specializzati» partecipando a un evento in occasione dell'"Anno del Turismo Ue-Cina 2018". E sempre in quella sede ha rilanciato la presenza della Regione dentro il "Maritime Western Silk Road", iniziativa che rientra tra le azioni di cooperazione internazionale della Strategia Eusair.

E così, dopo un'attività che ha visto il dipartimento Turismo impegnato in varie interlocuzioni (da Palermo a Shangai, passando per Roma), uno dei frutti di questo lavoro sarà raccolto a fine maggio nella "Settimana Eusair" in programma a Catania. Venti colossi di turismo e agroalimentare per tre giorni in Sicilia, fra incontri b-to-b, escursioni, cene stellate e concerti lirici. «Racconteremo loro il meglio della nostra terra», dice l'assessore Pappalardo. Che, nel frattempo, oltre a far tradurre (nel vero senso della parola) la promozione in lingua cinese, prepara la partecipazione della Regione alla fiera turistica di Chengdu a settembre. «La nostra campagna in Cina è solo all'inizio», promette.

Ma i progetti devono calarsi nella realtà. E Nico Torrisi, nella veste di amministratore delegato della Sac e di presidente regionale di Federalberghi, sulla questione ha due punti d'osservazione. Entrambi privilegiati. Da albergatori conferma la posizione del presidente nazionale Bernabò Bocca: «Dobbiamo essere più preparati». Investendo su «servizi di qualità». Personalizzata, «visto i cinesi hanno richieste particolari su cibo, guide e informazioni in lingua non solo inglese, ma anche su shopping e intrattenimento serale. Ma anche una nuova qualità hi-tech, con piattaforme tecnologiche di promozione, di booking e di pagamento». Particolare, quest'ultimo di non poco conto: 600 milioni di cinesi usano "Alipay", sistema di pagamento del colosso dell'e-commerce "Alibaba". Per intenderci: a Shangai i biglietti della metropolitana, gli hamburger di McDonald's e il cappuccino di Starbuks si pagano con il riconoscimento facciale dello smartphone. Immaginate un cinese che voglia fare la stessa cosa con pane e panelle a Palermo o polpette di cavallo a Catania, pensate all'autista dell'Ast davanti alla richiesta di pagare il biglietto col telefonino. E poi Torrisi parla anche da manager aeroportuale, ben conoscendo il dato (sconfortante) che poco più del 30% del milione e mezzo di turisti cinesi arriva con un volo diretto. «Bisogna investire sui rapporti con le compagnie, come abbiamo fatto in Russia ottenendo un boom di presenze, nel contesto di una crescita continua ed esponenziale di traffico da e per Fontanarossa». Ma per uno Shangai-Catania bisognerà aspettare la nuova pista, capace di ospitare gli aeromobili usati nelle tratte intercontinentali. «È uno degli obiettivi del nostro piano di investimenti, ci arriveremo».

Ma quale può essere la strategia di promozione, non solo istituzionale, per conquistare la Cina? Marco Romano, docenti di Marketing all'Università di Catania, la sintetizza in quattro punti. Primo: «Studiare al meglio la domanda dei turisti cinesi, che non è omologabile a un modello standard». Secondo: «Personalizzare l'offerta con tecnologia, accessibilità, integrazione e servizi allargati quali shopping e intrattenimento su misura». Terzo: «Adottare un marketing turistico mirato, con reciproci scambi con istituzioni, buyer e media specializzati». Quarto: «Investire sul turismo 4.0, estendendo la promozione al big data analytics e puntando molto sui social». E scusate se è poco.

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10 maggio 2018
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